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Aşıklı Höyük: il più antico villaggio dell’Anatolia centrale

AKSARAY - TURCHIA

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La Cappadocia, grazie alla posizione centrale, alla fitta rete di fiumi e alla particolare conformazione geomorfologica, fu abitata fin dal Neolitico pre-ceramico A e B . A fornire una chiara evidenza della presenza di insediamenti umani nella regione, fu la scoperta di Aşıklı Höyük, un villaggio costruito attorno all’8.500 a.C. nell'attuale provincia di Aksaray, considerato fondamentale per la ricostruzione del processo di transizione dagli stili di vita nomadi a quelli sedentari.

Insediamenti nella Mezzaluna Fertile nell'VIII millennio a.C.
Insediamenti nella Mezzaluna Fertile nell'VIII millennio a.C.

L’Anatolia è stata per millenni un punto di incontro tra Oriente e Occidente. Molte delle invenzioni culturali che hanno posto le basi dell'urbanesimo sono avvenute nell’attuale territorio turco. La vicinanza alla Mesopotamia e la scoperta del rame nell'altopiano anatolico, sono state alla base delle culture preindeuropee fiorite in Asia Minore e documentate in numerose aree archeologiche. Le testimonianze del passaggio delle civiltà d'Asia e d'Europa, sono disseminate in tutto il territorio turco, soprattutto nelle regioni centrali e meridionali. Una delle aree che offre un patrimonio archeologico che copre un asse temporale che va dalla Preistoria fino all’Età moderna, è la Cappadocia, una regione nota in tutto il mondo per il suo paesaggio unico, formatosi in 60 milioni di anni di intensa attività crostale. 

Valle di Pasabag, Cappadocia
Valle di Pasabag, Cappadocia

La Cappadocia, grazie alla posizione centrale, alla fitta rete di fiumi e alla particolare conformazione geomorfologica, fu abitata fin dal Neolitico pre-ceramico A (10.000-8.300 a.C.) e B (8.300-7.000 a.C.). A fornire una chiara evidenza della presenza di insediamenti umani nella regione, fu la scoperta di un villaggio costruito attorno all’8.500 a.C., situato a circa 25 chilometri dalla città di Aksaray. Il nome del sito è Aşıklı Höyük e viene considerato fondamentale per la ricostruzione del processo di transizione dagli stili di vita nomadi a quelli sedentari. I primi studi furono avviati nel 1964 dall’archeologo britannico Ian A. Todd, che raccolse oltre 6.000 manufatti scheggiati in ossidiana sulla sola superficie e compì alcune osservazioni sulle sezioni stratigrafiche naturalmente esposte ai margini del sito. Scavi archeologici estensivi ed una piena comprensione della complessità dell’insediamento, avvennero però solo a partire dal 1988, a seguito del progetto di costruzione della diga di Mamasin, che portò ad una grande operazione di salvataggio di Aşıklı Höyük, per scongiurare il rischio di inondazione.

Sito neolitico di Aşıklı Höyük, provincia di Aksaray - Cappadocia
Sito neolitico di Aşıklı Höyük, provincia di Aksaray - Cappadocia

Le ricerche, condotte da Ufuk Esin dell’Università di Istanbul, portarono a scoperte ritenute di tale importanza che il sito, non solo è stato risparmiato dalla condanna a scomparire sotto le acque di un lago artificiale, ma è diventato da oltre vent’anni un centro di ricerca e valorizzazione del patrimonio preistorico mondiale. Nonostante tuttora oltre il 90% del sito sia ancora sepolto e in attesa di nuove indagini (sono stati studiati circa 4.200 metri quadrati), quanto Aşıklı Höyük ha restituito in decenni di indagini archeologiche, le ha fatto guadagnare un posto fondamentale tra le prime città note nella storia dell’uomo. Quasi cinquanta date ottenute tramite il sistema del radiocarbonio da differenti campioni prelevati in diverse aree e livelli del sito (4 sequenze stratigrafiche), permettono di collocare la fondazione di Aşıklı Höyük nel 8.500 a.C. Il villaggio si presenta come un tell (collina artificiale) con un’altezza di circa 15 metri che si estende per più di 4 ettari, con una forma approssimativamente quadrata e lati di oltre 230 metri di lunghezza. Le grandi dimensioni della città corrono di pari passo con la complessità strutturale degli edifici. Il villaggio è composto da una serie di blocchi abitativi adiacenti tra loro, contraddistinti dalla mancanza di porte ed accessi interni. L’assenza di strade per giungere alle singole case, ha fornito agli archeologi lo spunto per una riflessione di tipo sociale: se le abitazioni erano raggruppate in blocchi e se l’accesso poteva avvenire solo dall’alto attraverso il passaggio dal tetto, si potrebbe pensare che la comunità era divisa in più gruppi, ciascuno dei quali aveva forti relazioni interne ed esperienze condivise. Un’organizzazione spaziale di questo tipo, avrebbe scoraggiato i non residenti in quelle unità abitative dall’entrare, rendendo il blocco più sicuro e socialmente controllato. 

L’uso sepolcrale degli edifici avveniva contemporaneamente a quello abitativo. All’interno dell’insediamento sono state ritrovate circa 70 sepolture con resti scheletrici umani, tutte poste al di sotto delle case. Le tombe venivano realizzate scavando delle fosse nei pavimenti delle costruzioni, che venivano poi nuovamente ricoperte e sigillate. La maggior parte conteneva singole inumazioni, ma sono documentati anche alcune tumulazioni doppie. Dalle analisi condotte da Mihriban Özbaşaran, professore di archeologia preistorica all'Università di Istanbul, sui resti scheletrici è emerso che la popolazione viveva in condizioni di vita difficili (molti corpi presentavano deformità causate da lavori usuranti) e che la vita media dell’uomo era attorno ai cinquantacinque anni, mentre quella della donna non andava oltre i venticinque. 

Se in un primo momento la comunità era formata ancora da cacciatori-raccoglitori che esercitavano prevalentemente uno sfruttamento intensivo delle risorse selvatiche a disposizione, in una fase secondaria fanno la comparsa l’allevamento, l’agricoltura e l’industria litica. Ai margini dei blocchi di case, sono stati ritrovati degli spazi aperti, utilizzati per la lavorazione dell’ossidiana, per l’allevamento di animali domestici e per l’accumulo dei rifiuti. Tra i 15.000 reperti in ossidiana scoperti ad Aşıklı Höyük, nel 1995 vennero recuperati una collana con dieci perle di agata magistralmente perforate e un braccialetto d’ossidiana perfettamente simmetrico e lucidato. Queste scoperte destarono la curiosità e la sorpresa degli archeologici, che decisero di sottoporre i due manufatti ad un’analisi tribologica multi-scala per visionare a livello microscopico le caratteristiche della superficie. Tale metodo, ha messo in luce la straordinaria abilità degli artigiani dell’VIII millennio a.C.: l’agata è una varietà di quarzo che, per la particolare durezza, si può forare ancor oggi solo con l’utilizzo di un trapano munito di punta conica di diamante, mentre la lucidatura dell’ossidiana è ottenibile solo con l’uso di lenti telescopiche. Una simile tecnologia, addirittura risalente a quasi diecimila anni fa, non può essere assolutamente conciliabile con le conoscenze che oggi pensiamo di avere del nostro passato. L’ultima incredibile scoperta avvenne pochi anni fa, con il ritrovamento del cranio di una giovane donna che presenta tracce della prima trapanazione al cervello finora conosciuta. Probabilmente si trattava di un intervento chirurgico, poiché́ è stato determinato che la tecnica fu eseguita mentre la donna era ancora in vita e che il decesso sarebbe avvenuto diversi giorni dopo l’operazione. Tutti questi indizi che il sito ad Aşıklı Höyük continua a inviarci, ci costringono ad ammettere l’esistenza di una civiltà̀, tra Paleolitico e Neolitico, tanto evoluta da assomigliare notevolmente alla nostra.

Intervento chirurgico cerebrale, Aşıklı Höyük (fonte: Arkeofili)
Intervento chirurgico cerebrale, Aşıklı Höyük (fonte: Arkeofili)

Le cause della fine di Aşıklı Höyük sono incerte. Gli studi, ancora in corso, nel sito di Göbekli Tepe (il tempio più antico della storia con i suoi 14.000 anni) a pochi chilometri da Şanlıurfa, stanno facendo ritenere che tutti questi primi insediamenti abitativi e religiosi siano stati improvvisamente abbandonati per ragioni ancora misteriose. Le tante domande che ancora avvolgono questi siti e il fatto che oltre l’80% del territorio dell’Anatolia centrale e meridionale sia ancora da esplorare, conferiscono a questa meravigliosa terra una magia che fa e farà battere il cuore degli appassionati di storia e di archeologia di tutto il mondo. 

Curiosità

Per ricostruire l’evoluzione della domesticazione animale, un gruppo di archeologi ha utilizzato i sali di urina depositata ad Aşıklı Höyük. L'idea di cercare le tracce dell'antica pipì è venuta dopo il ritrovamento nel suolo di alte concentrazioni di cristalli di nitratina, un minerale a base di sodio che può derivare dalla pipì. Un team di archeologi statunitensi, turchi e tedeschi ha prelevato 113 campioni di questi cristalli in antichi cumuli di immondizia ed escrementi, estraendoli da strati diversi, in modo da coprire l'intera storia del villaggio. Basandosi sul numero di abitazioni trovate, i ricercatori hanno stimato quanta di questa pipì potesse essere umana e l'hanno sottratta al totale dei sali trovati, arrivando così ad ipotizzare le dimensioni degli allevamenti animali. Nei primi secoli di occupazione del villaggio, quando gli abitanti di Aşıklı Höyük stavano iniziando ad abbandonare lo stile di vita nomade, si sono osservati pochi sali di urina "extra" rispetto a quella umana. Ma nei quattrocento anni successivi, la concentrazione di urina è aumentata da 10 a 1000 volte, segno che la densità di animali era cresciuta esponenzialmente. Nello strato più recente, del 7.900 a.C., i cristalli di urina si trovano in massicce concentrazioni ai margini del villaggio, dove si stima fossero tenute molte più capre e pecore dei 500-1000 abitanti umani. Si era ufficialmente passati dalla cattura di pochi esemplari, all'allevamento di un vasto gruppo di animali semi addomesticati.

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