di GILLES KEPEL
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L’orrore del “califfato” dell’Isis nel Levante tra 2014 e 2017 e il terrorismo su scala planetaria sono stati una paradossale conseguenza delle “primavere arabe” del 2011, che pure erano state celebrate in quanto “rivoluzione 2.0”. Come ha fatto a instaurarsi il caos e sarà possibile uscirne in seguito all’eliminazione militare dello “Stato islamico”? Questo libro inquadra gli eventi nel loro contesto, a partire dalla “guerra del Kippur” del 1973, a cui seguirono l’esplosione dei prezzi del petrolio e la proliferazione del jihad. Viene poi proposto il racconto completo delle sei principali sollevazioni arabe, dalla Tunisia alla Siria. In “Uscire dal caos” si descrivono infine le linee di frattura nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, chiarendo quali scelte attendano i capi di Stato, così come i popoli di quelle regioni, ma anche i cittadini d’Europa. Uscire dal caos è il frutto di quattro decenni di ricerche sul mondo arabo e musulmano e di esperienza sul campo da parte di Kepel.

La prima presentazione pubblica del libro di Kepel è avvenuta durante la ventiquattresima edizione del Festivaletteratura di Mantova, che ha dedicato una parte importante degli appuntamenti con gli autori al delicato tema del destino incerto dell’Europa. Nell’incontro intitolato ‘’Mondi separati dentro le città'', svoltosi nella splendida cornice del Palazzo di San Sebastiano, Gilles Kepel è stato intervistato dalla giornalista Azzurra Meringolo per aiutare i lettori a districarsi tra i mille interrogativi che prolificano quando si guarda al precario equilibrio del Medio Oriente.
Kepel racconta inizialmente come l’Europa sia un tassello cruciale sulla mappa del mondo, in modo particolare in questo momento. Il jihadismo ha attraversato tre fasi. Quella di opposizione ad un nemico “vicino”, in seguito alla caduta di Kabul, il 15 febbraio ’89, realizzatasi nei tentativi di jihad interne in Algeria, Egitto, etc. In seguito vi fu la fase di opposizione ad un nemico “lontano”: se gli islamici uccidono altri islamici, non si ottiene nulla. Khomeini aveva vinto la jihad mediatica ed ora, per la creazione dello Stato Islamico, era necessario fare vittime in Occidente. Lo capì Bin Laden: culmine di questa fase furono gli attentati alle Torri Gemelle. La sensazione di iperpotenza che guadagnarono i giovani delle banlieues dopo l’11 Settembre portò comunque ad un fallimento politico: il tentativo di tramutare l’Iraq in un nuovo Vietnam per gli USA aprì le porte al comune nemico Iran. Con la Primavera Araba, si aprì la terza fase, di opposizione ad un nemico “a metà”: un tessuto organizzativo impeccabile ed una impostazione bottom-down generarono la catena di episodi terroristici di cui quello al Bataclàn è l’esempio più rappresentativo. La caduta di Raqqa nel 2017 rappresenta simbolicamente la caduta dell’ISIS e la conclusione di questa fase. Ora il jihadismo è in fase di ridefinizione interna e l’Occidente deve approfittarne senza esitazione e senza compiere gli errori commessi in passato, mettendo in campo politiche di integrazione, favorendo il dialogo culturale e approfondendo la conoscenza dell’altro nelle città, soprattutto in Europa. Allo stesso tempo, la gioventù islamica deve stare attenta a «non dimenticare le stesse cose».

Kepel racconta alcuni aneddoti nelle carceri francesi, nelle quali ha tenuto lezioni, al fine di contrastare la formazione di cellule jihadiste tra i prigionieri. È necessaria una storizzazione della memoria: l’integralista non vede se stesso come attore della storia, bensì come attore della profezia e pertanto portatore dell’unica verità. Questo sopprime ogni possibilità di lettura oggettiva degli eventi (l’incarceramento è dovuto al razzismo e l’unica risposta possibile è la jihad) e di creazione di una società multietnica (solo l’islamico può parlare di islam, solo il cristiano di cristianità): un vero e proprio «fallimento culturale». In seguito a queste lezioni, nel 2016, Kepel si è guadagnato ben tre fatwe (condanne a morte) via Facebook. Ironizza: «Se la mia mente non aveva alcuna paura, il mio corpo reagì diversamente: una sciatica terribile non mi lasciava uscire dal letto e l’unica posizione di conforto era inginocchiato con un cuscino sotto le gambe. Così scrissi il mio libro, in posizione jihadista!» Sul fenomeno del rientro dei jihadisti dalla Siria e dall’Iraq Kepel non esita: è impensabile un’accoglienza nelle carceri europee. Si tratta di un «riflesso di sopravvivenza»: il nostro sistema carcerario non è preparato a ricevere masse di estremisti ed è troppo pericoloso per la collettività ospitare nuclei con presupposti ideologici opposti a quelli della nostra società. Le ultime scoppiettanti battute sono dedicate a tracciare alcune linee guida per leggere gli ambigui rapporti che legano Siria, Iran, Iraq, Russia, Israele, Turchia ed il cosiddetto «Stato sassolino» che è il Kurdistan. Se gli equilibri paiono gravitare intorno a questioni riassunte con un eloquente «petrolio non olet», le implicazioni sociopolitiche sono ben più complesse da comprendere e digerire. Al momento, per esempio, è in atto un tentativo di ridisegnare gli equilibri etnici per favorire il reinserimento nel paese di origine dei profughi siriani da Turchia e Giordania. Definire il ruolo di Putin nel «post terzo conflitto mondiale postmoderno» è un altro enigma chiave. Le questioni aperte sono numerose e spinose ma, con Uscire dal caos, Kepel prova che una ricerca storica scientifica può avere potere predittivo ed è presupposto fondamentale per capire cosa succede e camminare insieme verso un futuro di integrazione, pace e libertà.
L'AUTORE: GILLES KEPEL
Gilles Kepel, classe 1955, è un politologo e accademico francese, docente presso l'Université Paris Sciences & Lettres (PSL) e l'École Normale Supérieure, dove è titolare della cattedra Moyen-Orient Méditerranée. È uno dei massimi studiosi europei di Islam e questioni mediorientali. Ha analizzato l'emergere del fondamentalismo nei paesi arabi e l'ascesa dei Fratelli musulmani in Egitto a partire dal saggio Il profeta e il faraone (1984, edizione riveduta nel 1993), un libro cardine per comprendere le molteplici sfaccettature della militanza politica di matrice islamica dal secondo dopoguerra a oggi. Nei suoi lavori si è concentrato anche sui rapporti tra Islam e società europee, con particolare riguardo al caso francese (Les banlieues de l'islam. Naissance d'une religion en France, 1987), e allo studio comparato dei movimenti politico-religiosi delle tre principali religioni monoteiste, ben esemplificato dal best seller La rivincita di Dio (1991), tradotto in diciannove lingue. Ha presentato e commentato anche il volume Al Qaeda dans le texte (Al-Qaeda. I testi, Laterza, 2006), una raccolta che consente al lettore di misurarsi con le fonti primarie di uno dei più temibili movimenti jihadisti del nuovo secolo. Nel libro Uscire dal caos, Kepel ricolloca molti eventi di portata planetaria – dalle primavere arabe alla Guerra civile siriana e al terrorismo internazionale – nel giusto contesto della storia araba contemporanea, partendo dalla Guerra del Kippur del 1973, a cui seguirono l'esplosione dei prezzi del petrolio e la proliferazione del jihad.
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