· 

San Giorgio, il soldato che morì e resuscitò tre volte

CAPPADOCIA - TURCHIA

Tempo di lettura stimato: 6 minuti

Storia di San Giorgio, il soldato che sfidò l’imperatore Diocleziano per difendere la fede in Cristo. Nato in Cappadocia da madre palestinese e padre persiano nel 280, Giorgio dovette affrontare innumerevoli supplizi che lo portarono al martirio per decapitazione. Le sue imprese miracolose, come l’uccisione del drago e la resurrezione di un uomo morto da 460 giorni, hanno consacrato Giorgio come il santo più conosciuto e venerato al mondo.

San Giorgio
San Giorgio

San Giorgio è il santo più conosciuto e venerato al mondo: è patrono d’Inghilterra, Portogallo, Lituania, Montenegro, Georgia, Etiopia e Catalogna, oltre che di più di 100 comuni italiani, tra cui Campobasso, Ferrara, Ragusa e Reggio Calabria. Il testo più antico riguardante la vita e le imprese del santo, ci è pervenuto da un codice greco del V secolo, custodito nella Biblioteca Nazionale di Vienna. Questa prima Passio Georgii fu tradotta in varie lingue, rimaneggiata e arricchita di molti episodi leggendari. Sebbene ci sia discordanza tra i vari estensori della Vita di San Giorgio, si può affermare con sicurezza che il santo nacque in Cappadocia verso l’anno 280, da padre persiano e madre palestinese, entrambi di fede cristiana. Per rintracciare i primi segni della santità di Giorgio, non si deve attendere l’età giovanile. Infatti, il biografo accreditato del santo, Metafraste, scrisse: ‘’Il piccolo Giorgio, cristianamente educato alla verace pietà dai suoi genitori, accolse e fecondò nel suo cuore quei semi d‘eroiche virtù, onde la Chiesa sorgente, tra lotte e trionfi, dalle rovine del paganesimo, a quel tempo abbisognava’’. Dopo aver perso il padre in giovane età, Giorgio si ricongiunse con la ricca famiglia materna a Lod, nell’odierno Israele. Poco tempo dopo, restò orfano anche della madre e dovette decidere che carriera seguire. Nonostante il pericolo dovuto alla sua fede cristiana, scelse di arruolarsi nella milizia di Diocleziano. Prima di entrare nell’esercito, si recò in pellegrinaggio a Gerusalemme. Fu nella Città Santa che Giorgio ebbe una rivelazione: si spogliò dei suoi beni e distribuì il ricavato ai poveri. Quindi, a vent’anni, si presentò all’imperatore. Ricordandogli il nome e i servigi del padre, Giorgio espresse a Diocleziano il desiderio di entrare a far parte dell’esercito imperiale. 

Cappadocia, la terra natale di San Giorgio - Turchia
Cappadocia, la terra natale di San Giorgio - Turchia

Durante i primi anni di servizio militare, scoppiò una delle più gravi persecuzioni contro i cristiani. Anche in un tale clima di terrore, Giorgio non esitò a professare esplicitamente la sua fede in Cristo. L’editto imperiale che ordinava la persecuzione dei cristiani era arrivato nelle province orientali e fu promulgato anche a Nicomedia, odierna Izmit. Giunto in quella città il giorno stesso della divulgazione di tale ordine, il giovane Giorgio non solo non ebbe dei ripensamenti, ma rafforzò con decisione la propria adesione a Cristo. Notando la grande costernazione dei suoi fratelli, maturò nel suo animo un atto ardito, ovvero lacerare di fronte a tutti il documento imperiale. Così, il giorno dopo, mise in esecuzione il gesto provocatorio, e, senza aspettare di essere arrestato dai soldati, si presentò spontaneamente davanti all’imperatore. Intervenne allora il console Magnesio che, fatto immediatamente arrestare l’irruente militare, provò con adulazioni e minacce a fargli rinnegare la fede, senza tuttavia ottenere alcun esito. 

Diocleziano, Museo Archeologico di Istanbul
Diocleziano, Museo Archeologico di Istanbul

Visto vano ogni tentativo, Diocleziano ordinò che Giorgio fosse portato in prigione per essere sottoposto a torture. I miliziani lo pungolarono con affilate lance, ma le punte delle armi si ripiegarono su sé stesse, senza arrecare nessuna ferita sul corpo di Giorgio. Così il prigioniero, incatenato e senza cibo, fu lasciato languire a lungo nel carcere sotterraneo, dove lo attendevano altre sevizie: gli fu infatti messo sul corpo, disteso sul pavimento, un enorme masso di pietra che, premendogli il petto, gli toglieva quasi il respiro. Ma Giorgio affrontò con forza la prova fino al giorno seguente, senza emettere neppure un gemito. Fu allora sottoposto al supplizio dei flagelli e, successivamente, gettato in una fossa riempita di calce bollente dove fu lasciato per tre giorni e dalla quale uscì indenne. Diocleziano, convinto che le torture dovessero ormai aver piegato la sua capacità di resistere, lo convocò alla sua presenza e gli rinnovò minacce e promesse, ma non ne ottenne che lo stesso risultato. Allora, accecato dall’ira, l’imperatore fece legare nudo il ribelle ad un disco di legno munito di lamine rotanti che gli avrebbero lacerato le carni, ma, appena la ruota incominciò a girare, come inceppata da una forza invisibile, si ruppe e andò in frantumi. Prodigiosamente sciolto dalle catene che lo tenevano avvinto allo strumento del supplizio, Giorgio levò un inno di grazie al Signore. Il giovane cristiano, rafforzato da tali prodigi, decise di confrontarsi di nuovo con l’imperatore e lo incontrò nel tempio d’Apollo. 

Icona di San Giorgio, Atene
Icona di San Giorgio, Atene

Il tiranno non si aspettava certo di vedersi comparire davanti quell’indomito soldato, il quale andava alzando la voce per denunciare la vanità degli idoli “che hanno occhi e non vedono, hanno orecchie e non sentono, hanno bocca e non parlano”. Fattolo nuovamente arrestare, Diocleziano comandò che a quell’impudente provocatore fosse fatta trangugiare una pozione di veleno, che però non recò alcun danno al prigioniero. Alla vista di tali prodigi, due tribuni, Anatolio e Protoleone, convinti e persuasi della grandezza della fede cristiana, si convertirono e, dichiaratisi pubblicamente discepoli di Cristo, subirono immediatamente la pena capitale. Perfino l’imperatrice Alessandra, moglie di Diocleziano, commossa dalle scene cui aveva assistito, non poté trattenersi dal dichiarare la sua simpatia per la fede cristiana. Il marito la condannò a morte, ma prima ancora di essere condotta al luogo del supplizio, l’imperatrice s’accasciò al suolo e spirò. Diocleziano continuava ad essere succube delle malie e dei consigli del mago Atanasio, dal quale fu spinto a sottoporre Giorgio ad una prova incredibile, quella di resuscitare un uomo morto da 460 giorni. In un frangente tanto difficile, il giovane soldato non si perse d’animo, ma pose la sua speranza unicamente nella potenza del Signore. Portato davanti ad una tomba scoperchiata dove giaceva il cadavere in avanzato stato di decomposizione, Giorgio alzò gli occhi al cielo e, dopo aver pregato, comandò al morto di tornare in vita. Questi, tra la meraviglia di tutti, si levò dal sepolcro e si prostrò ai suoi piedi confessando la propria fede in Gesù, imitato dal mago che aveva suggerito la sfida. Solo Diocleziano rimase irremovibile. L’imperatore diede l’ordine che il soldato ribelle e tutti coloro che avessero aderito a Cristo fossero giustiziati. Giorgio, quindi, fu decapitato e raggiunse la gloria eterna. Era il 23 Aprile dell’anno 303 d.C., data che ancora oggi viene festeggiata in tutto il mondo.

Festa di San Giorgio a Modica, Ragusa (foto LaSicilia.it)
Festa di San Giorgio a Modica, Ragusa (foto LaSicilia.it)

L'iconografia tradizionale di Giorgio è legata al suo miracolo più celebre, quello dell'uccisione del drago. Il racconto, come viene riportato nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, narra che San Giorgio si trovasse in servizio in Libia, in una località di nome Selem. In questa città, vi era un grande stagno in cui viveva un drago. Gli abitanti, per placare il suo appetito, gli offrivano due pecore al giorno, ma col passare del tempo, il numero dei componenti delle greggi iniziarono a diminuire. Il popolo di Selem fu dunque costretto a sacrificare al drago un ovino e un giovane tirato a sorte. Un giorno il fato scelse la principessa Silene, la figlia del re locale. Quest’ultimo, terrorizzato per il destino della figlia, offrì il suo patrimonio e metà del regno, ma la popolazione si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli. Dopo otto giorni di tentativi, il re dovette cedere e la giovane si avviò verso lo stagno per essere offerta al drago. Proprio in quel momento fece la sua comparsa il soldato Giorgio, il quale, saputo dell'imminente sacrificio, tranquillizzò la principessa, promettendole il suo intervento per evitarle la brutale morte. Quando il drago uscì dalle acque, Giorgio non si spaventò e lo trafisse con la sua lancia, ferendolo. Poi disse alla principessa Silene di avvolgere la sua cintura al collo del drago per costringerlo a seguirli fino in città. Gli abitanti, vedendo arrivare il drago, iniziarono a scappare, ma Giorgio disse ‘’Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: se abbraccerete la fede in Cristo e riceverete il battesimo, io ucciderò il mostro’’. Allora il re e la popolazione si convertirono e il cavaliere uccise il drago. 

San Giorgio e il drago - Paolo Uccello, National Gallery Londra
San Giorgio e il drago - Paolo Uccello, National Gallery Londra

Fino all’XI secolo, nell’iconografia del santo non c’era alcun riferimento all’episodio del drago. San Giorgio era venerato semplicemente come un soldato-martire che aveva convertito i popoli infedeli e compiuto numerosi miracoli. La più antica rappresentazione di San Giorgio risale alla prima metà del X secolo e si trova in Armenia, nella chiesa della Santa Croce eretta sull'isola Akdamar. Un bassorilievo mostra San Teodoro che trafigge con la sua lancia un drago, San Sergio un leone e San Giorgio una figura antropomorfa. Nella cattedrale di Nikortsminda (inizio XI secolo) in Georgia, la scena si ripete: Teodoro neutralizza un drago-serpente, mentre Giorgio colpisce una figura umana, simbolo dei persecutori romani. Da queste testimonianze, pare chiaro che all’epoca altomedievale il santo sauroctono (uccisore di draghi) era Teodoro di Amasea e non Giorgio. Fu nel Basso Medioevo che il tema figurativo del drago venne attribuito a San Giorgio per aumentare la popolarità del santo. Giorgio, infatti, all’epoca delle Crociate era diventato il simbolo per eccellenza del soldato cristiano che era uscito vittorioso dal conflitto con gli infedeli. La prima testimonianza di Giorgio uccisore di un drago, si trova proprio in Cappadocia, nella chiesa di Santa Barbara (XI secolo) nella valle di Soganli. 

Chiesa di Santa Barbara, Valle di Soganli - Cappadocia (foto cappadociahistory.com)
Chiesa di Santa Barbara, Valle di Soganli - Cappadocia (foto cappadociahistory.com)

In tempi rapidissimi il culto di san Giorgio si diffuse in tutta Europa e con esso la rappresentazione del cavaliere che uccide il drago (in Inghilterra la prima immagine è dell'inizio del XII secolo). Mentre in Oriente il mostro aveva un aspetto simile al serpente, la versione esportata dai crociati aumentava di dimensioni e acquistava zampe e ali, trasformandosi nel drago che tutti noi conosciamo. La lista dei santi sauroctoni è molto lunga, tuttavia, nessuno ha mai riscosso tanta venerazione popolare quanto San Giorgio, il soldato cappadoce che sfidò l’imperatore.

Curiosità

Nella chiesa parrocchiale di Varzi, piccolo comune dell’Oltrepò Pavese, si conservano le reliquie del braccio e della mano destra del santo. La reliquia del braccio di San Giorgio fu portata a Varzi dagli Sforza fra il 1473 e il 1479. Da un tentativo di furto, nacque la leggenda secondo la quale al ladro, quando tentò di rubare la reliquia, si staccò il braccio; il presunto arto è ancora conservato nella chiesa parrocchiale di Varzi.

SCOPRI

LEGGI ANCHE



Scrivi commento

Commenti: 0

SEGUI

SCRIVI

Nota: I campi con l'asterisco sono richiesti

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER