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‘’L’odore subito ti dice senza sbagli quel che ti serve di sapere; non ci sono parole, né notizie più precise di quelle che riceve il naso’’ Italo Calvino
Ogni viaggio inizia quando si apre il portellone dell’aereo. In quell’istante in cui si muove il primo passo sulla scaletta, una nube odorosa in cui è inscritto il codice d’accesso alla vera essenza di un luogo, pervade i polmoni e si deposita nella nostra memoria. Ogni luogo ha il suo odore perché ogni luogo ha la sua identità. Dolce, pungente o resinoso, non importa se incontra i nostri gusti, perché ogni sfumatura è importante. Uno dei motivi principali per cui amo il Medio Oriente è che questa esperienza, che in altri paesi risulta breve, continua costantemente. I mercati, le persone, la natura, tutto offre stimoli olfattivi in progressione crescente. Tornare a casa da questi paesi senza avere fatto incetta di ricordi olfattivi è un’eresia. E lo è anche non acquistare almeno uno dei preziosi profumi che danno un valore aggiunto ai meravigliosi e caotici bazar. Una volta a casa, i profumi non sono solo un accessorio da indossare, ma un ricordo unico e indelebile.

Tra i paesi che offrono la maggiore qualità di profumi ed essenze naturali senza dubbio cito tra i primi il Libano, seguito da Turchia, Marocco ed Egitto. Fu proprio in quest’ultimo che nacque l’arte di miscelare gli aromi, che poi si diffuse in tutto il resto del mondo. Nell’Antico Egitto il profumo era l'emanazione del "sudore divino", ciò che univa il popolo alla dimensione sacra. Olii essenziali ed aromi venivano bruciati per ingraziarsi le divinità, per veicolare messaggi e preghiere ai defunti, per purificare il corpo e per il processo d’imbalsamazione. Da qui l’etimologia del termine profumo, dal latino ‘’per fumum’’ che significa letteralmente “attraverso il fumo” dal momento che i primi profumi consistevano in aromi bruciati, come l’incenso. Nei luoghi sacri, i sacerdoti ed i loro assistenti preparavano quotidianamente olii essenziali, resine e profumi come offerte agli dei. In molti templi come Edfu o Dendera, si trovano ancora gli altari dedicati a queste preziose offerte.

Con il passare del tempo i profumi non vennero più utilizzati solamente per i riti sacri, ma anche impiegati nell’igiene quotidiana, come aromaterapia e come mezzo di seduzione. Il profumo più utilizzato dai faraoni e dalle loro consorti era il Kyphi, un composto formato da più di cinquanta essenze, tra cui il pistacchio, la menta, la cannella, il ginepro, l'incenso e la mirra. L'incenso (Boswellia sacra) e la mirra (ricavata dalla Commiphora burseraceae) erano le due resine più note nell'antichità. Il Boswellia è un arbusto da cui si estrae una resina profumata che, dopo un processo di lavorazione, diventa incenso e si trova ancora oggi nella regione del Dhofar in Oman, dove si trova il tradizionale suk dell’incenso nella cittadina di Salalah.

Il filosofo greco Plutarco scrisse che il Kyphi aveva il potere di «favorire il sonno, aiutare a fare dei bei sogni, rilassare, spazzare via le preoccupazioni quotidiane, dare un senso di pace». Si dice che l’intelligente Cleopatra sfruttò il potere del profumo per sedurre Marco Antonio, accogliendolo in una stanza cosparsa di petali di rosa dove bruciavano incensi ed erbe aromatiche. La regina fu la prima a conferire al profumo un carattere non solo seduttivo, ma anche ‘’diplomatico’’, regalandolo come dono prezioso ai sovrani alleati. In seguito i profumi entrarono nell'uso quotidiano anche di nobili, funzionari e cortigiani. Fu così che gli schiavi ebrei vennero a conoscenza di alcune nuove formule, dedicandosi, una volta liberi, alla produzione e al commercio di questi nuovi prodotti aromatici. Presso il popolo ebraico l'utilizzo delle essenze profumate era già diffuso e la testimonianza più autorevole dell’importanza del profumo si ritrova nella Bibbia. Nel libro dell’Esodo 30,34-36, il Signore dice a Mosè: “Prenditi degli aromi, della resina, della conchiglia odorosa, del galbano, degli aromi, con incenso puro, in dosi uguali; e ne farai un profumo composto secondo l’arte del profumiere, salato, puro, santo; ne ridurrai una parte in minutissima polvere, e ne porrai davanti alla testimonianza nella tenda di convegno, dove io m’incontrerò con te; esso vi sarà cosa santissima”. Anche presso gli Ebrei, il profumo ha quindi una rilevanza religiosa e sacra, in quanto mezzo per innalzare lo spirito e renderlo puro. Nella mistica ebraica l'odorato è descritto come l'unico senso che dà piacere all'anima, mentre tutti gli altri sensi danno il piacere al corpo. Non a caso i tre re Magi, i sapienti astronomi di origine mesopotamica, offrono come dono al figlio di Dio incenso e mirra. “Poiché era nato Gesù a Betlemme di Giudea, ai tempi del re Erode, ecco che dei Magi venuti dall’Oriente arrivarono a Gerusalemme. Entrando nella casa, videro il bambino con Maria, sua madre e, prostrati, lo adorarono; aprendo il loro cofanetto, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra” (Mt. 2, 11).

Nel servizio del Tempio di Gerusalemme l’offerta dei profumi aveva un ruolo predominante. Allo Yom Kippùr, il Sommo Sacerdote entrava nel Santo dei Santi con il turibolo dell’incenso, o meglio dei profumi da bruciare, detti timiati, una mistura a base d’incenso. Nei paesi biblici il profumo più costoso si trovava sotto forma di unguento, detto puk. Infatti a Mosè fu insegnato a preparare l’olio per l’unzione: “Procurati balsami pregiati: mirra vergine per il peso di cinquecento sicli; cinnamomo odorifero, la metà, cioè duecentocinquanta sicli; canna odorifera, duecentocinquanta; cassia cinquecento sicli, secondo il siclo del santuario e un hin d’olio d’oliva. Ne farai l’olio per l’unzione sacra, un unguento composto secondo l’arte del profumiere” (Es. 30, 22-25). L’antica e sapiente arte egizia ed ebraica di miscelare aromi, raggiunse anche il Mediterraneo e l’Asia, in particolare Palmira e Babilonia, i due grandi centri di attività per i profumi. Fin dal 1500 a.C., i Greci utilizzavano il profumo sia per riti religiosi, sia per l’igiene personale. L'importanza attribuita al profumo è confermata dal ‘’Trattato degli odori’’ di Teofrasto, il discepolo prediletto di Aristotele, considerato il testo base della profumeria antica. Già in quest'epoca erano conosciute le virtù terapeutiche degli euodia, gli odori buoni. Per esempio, i Greci credevano che cingere il capo con coroncine di rose o di mirto mitigasse le emicranie, in particolare quelle provocate da eccessive libagioni. Ippocrate, colui che rivoluzionò il concetto di medicina, esaltò dei rimedi a base di salvia, di malva e di cumino somministrati sotto forma di suffumigi, frizioni e bagni. Data la grande richiesta di profumi sia per uso cosmetico, sia per uso terapeutico, nacque l’esigenza di produrre essenze su ampia scala.

A seguito di alcune ricerche condotte a Pyrgos nell'isola di Cipro, gli archeologi hanno scoperto quella che si crede la più antica fabbrica di profumi del Mediterraneo. Durante gli scavi, iniziati nel 1997 e durati otto anni, sono stati rinvenuti reperti risalenti al XX secolo a.C. di una fabbrica adibita alla produzione d'olio d'oliva e al suo impiego nei settori cosmetico, medico-farmaceutico e tessile. La varietà delle essenze messe sul mercato da questa fabbrica era davvero ampia per quei tempi: mirto, lavanda, rosmarino, origano, alloro, coriandolo, prezzemolo, mandorla amara, camomilla e anice. Per quelle spezie e quegli aromi introvabili nell’area mediterranea, ci pensò il grande Alessandro Magno, che con le sue nuove rotte commerciali importò spezie e aromi nuovi come sandalo, cannella, noce moscata, e sostanze necessarie alla preparazione del profumo, come il benzoino e l'ambra grigia. Fu in quest’epoca che il profumo divenne un prodotto finito ed esportabile. Anche in Italia, prima con gli Etruschi e poi con i Romani, iniziò a dilagare la moda del profumo sia come offerta religiosa, sia come prodotto di uso comune.

Si narra che Nerone, durante i funerali di Poppea, bruciò una quantità di incenso superiore alla produzione annua dell’Arabia. Ma l’istinto per gli affari e l’incredibile capacità di servirsi delle arti e delle tecniche degli altri popoli, portò i Romani a diventare i signori incontrastati del profumo. Per prima cosa fecero in modo che all’interno delle terme tutti, poveri e donne inclusi, potessero lavarsi per mantenere un livello di igiene complessivo buono. In questo modo si diffuse l’uso del sapo, una pasta ammorbidente a base di grasso di capra e di cenere di saponaria. In seguito associarono l’invenzione del vetro alle nuove ingenti richieste di profumi esportabili. Imitando i recipienti più semplici provenienti dalla Grecia, i Romani crearono nuove confezioni in vetro con le conseguenti possibilità di produrre e vendere prodotti in tutto l’Impero sia di alta qualità, data la migliore conservazione degli aromi nei recipienti in vetro, sia di design per la bellezza delle forme. La grande diffusione dei profumi e le migliorie tecniche apportate alla loro fabbricazione, si accompagnarono ad un indebolimento del loro valore religioso e della loro simbologia mistica. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, l’arte del profumo, come tutti gli altri saperi, caddero nel baratro. La cultura e la scienza degli aromi morirono nel territorio europeo, ma continuarono a resistere e a perfezionarsi in Oriente.

Se in Occidente il clero condannò l’uso del profumo e lo rilegò al solo utilizzo per scopi religiosi, in Oriente gli Arabi tradussero i testi ellenistici, persiani, romani, bizantini per perfezionarne la fabbricazione. Partendo dall’invenzione greca di una forma arcaica di distillazione con l'àmbix, un vaso o una coppa forniti di un piccolo canale, nel 10° secolo gli Arabi inventarono l’alambicco, utilizzando l’alcool come vettore, permettendo di distillare un numero enorme di piante e allargare la gamma degli aromi disponibili in profumeria. La grande cultura scientifica araba, si intrecciò in seguito alla cultura islamica. Maometto era solito dire: “Le donne, i bambini e i profumi sono ciò che amo di più al mondo”. Prima delle cinque preghiere quotidiane, i musulmani devono lavarsi per purificare il corpo.

In questi bagni utilizzavano, ed utilizzano tuttora, saponi, profumi ed aromi che erano il frutto di tutti gli studi conservati e perfezionati fino a quel momento. Tra i mille profumi conosciuti, l’acqua di rose era la più amata e utilizzata, non solo come profumo, ma anche come semplice acqua per lavarsi e come ingrediente di molte pietanze. Nel X°secolo, il celebre medico persiano Avicenna scoprì come distillare con l’utilizzo dell’olio l'acqua di rose dai petali della rosa centifoglia. Non solo, nelle sue opere citò spesso nuove lozioni aromatiche e oli profumati. Fu l'Istituto Superiore delle Scienze di Salerno, intorno all'anno Mille, a sostituire l'olio con l'alcol come eccipiente del profumo. Ancora oggi nei paesi del nord d’Africa, Marocco in primis, e in tutto il Medio Oriente, prima di accomodarsi a tavola, vengono portati una brocca contenente acqua di rose ed un catino, dove i commensali si lavano le mani prima di passare al momento del pasto. Tantissime le pietanze in cui si ritrova l’essenza di rosa, dal Marocco, alla Turchia, al Libano, all’Oman. La rosa era molto amata anche dagli Ottomani, che nei luoghi del potere come il Palazzo Topkapi di Istanbul e nel suo celebre e discusso Harem, erano soliti usarla come profumatore per ambiente oltre che per il rito dell’hammam e nella gastronomia.

Grazie agli Arabi e agli Ottomani che ne continuarono l’utilizzo ed il commercio, il profumo fece il suo rientro in Europa solo alla fine delle Crociate, nel XIII° secolo. I Crociati importano dall’Oriente aromi e spezie nuove e reintrodussero l’abitudine greco-romana di accompagnare la toilette con applicazioni profumate. La nostra Venezia, la città che più di tutte tesseva i rapporti con l’Oriente, fu tra i principali porti commerciali del mercato del profumo. Nel frattempo gli Arabi iniziarono ad importare i loro profumi attraverso l’Andalusia, con Cordova come centro nevralgico dei rapporti commerciali con le lontane Baghdad e Damasco. Se nel mondo arabo, grazie ai bagni pubblici, il profumo era un bene a disposizione di tutte le classi, in Europa restò un prodotto elitario, destinato solo a nobili e aristocratici. Nel 1300, con l’epidemia di peste, il profumo ritornò ad avere anche in Europa l’antica funzione terapeutica e aspersioni, fumigazioni e vini aromatizzati venivano utilizzati per lottare contro il contagio. Verso la fine del 1300, la regina Elisabetta d’Ungheria ispirò il primo nome di un profumo: l’acqua di Ungheria, un estratto di rosmarino e di lavanda a base di alcool.

Secondo la leggenda, l’eremita che compose questa fragranza e che la presentò alla regina, le assicurò anche che avrebbe mantenuto intatta la sua bellezza fino alla morte. Durante il Rinascimento, grazie alla riscoperta dell’antichità greco-latina e alla diffusione della stampa, un gran numero di opere tecniche in italiano e in francese che contenevano ricette di acque odorose per profumare le vesti, il corpo, le case, ma anche di profumi secchi, vennero divulgate in tutta Europa. Fu così che l'arte della profumeria si sviluppò ulteriormente: la chimica sostituì definitivamente l'alchimia, migliorando la distillazione e la qualità delle essenze. Le nuove rotte marittime, scoperte dalla Spagna e dal Portogallo, permisero a molti mercanti di importare dal Nuovo Mondo e dalle Indie aromi e spezie come vaniglia, zenzero, pepe e garofano. I grandi profumieri del Rinascimento erano spagnoli e italiani. I primi avevano ereditato la loro scienza dagli arabi, i secondi avevano approfittato della ricchezza della penisola e del gusto dell'aristocrazia per i profumi per arricchirsi, attraverso il commercio delle essenze e per esportare all'estero la tecnica dei profumieri. Quando Caterina de' Medici giunse in Francia per sposare il Duca d'Orléans, il futuro re Enrico II, portò con sé dall'Italia il suo profumiere Renato Bianco che aprì una bottega a Parigi diventando famosissimo tra l'aristocrazia parigina. La pratica molto diffusa di non lavarsi, poiché l'acqua era ritenuta un veicolo di contagio per le malattie, amplificò in tutta Europa l'uso dei profumi. Le essenze profumate presero il posto dell'igiene personale per vincere i cattivi odori e nascondere la sporcizia. Molto in voga, in questo periodo, anche la profumeria secca per usi diversi: polveri per sacchetti da mettere sotto le gonne, per il viso, per la parrucca, commercializzata alla rinfusa in grandi scatole dai decori raffinati.

Nel 1600 nacque l'Acqua di Colonia. Secondo alcuni, suo inventore fu Gian Paolo Feminis, originario di Santa Maria Maggiore, cittadina della Val Vigezzo. Originariamente venditore ambulante, Feminis inventò e produsse una sostanza che, a suo dire, era in grado di guarire tutti i mali, nota con il nome di Aqua Mirabilis. Trasferitosi a Colonia, in Germania, questo liquido diventò la celebre Acqua di Colonia. Secondo altri, a inventare questa essenza fu un altro italiano, Giovanni Maria Farina, anche lui della Val Vigezzo. La formula messa a punto dal Farina comprendeva una trentina di essenza, tra cui limone, cedro, arancia, pompelmo, lavanda, timo e rosmarino. Dopo la parentesi della Rivoluzione, agli inizi dell’800 la società francese si dedica ad un lusso sfrenato che fa di Parigi una capitale internazionale della moda. L'abolizione degli editti corporativi e la liberalizzazione del commercio permettono di segnare una tappa decisiva nella produzione del profumo. In questa epoca nasce una nuova sensibilità olfattiva più delicata e naturale ed orientata ad una maggiore igiene. Questa tendenza si rintraccia tanto nella nascita di stanze dedicate alla toilette ed al bagno, quanto nella predilezione di fragranze floreali delicate e raffinate, come quelle realizzate a Grasse e in tutta la Francia. L’invenzione della soda artificiale consentì di migliorare notevolmente la qualità dei saponi solidi. Questi prodotti di profumeria venivano realizzati fino ad allora tramite reazione chimica di soda naturale e olio di oliva ed erano prodotti nei principali porti del Mediterraneo come Genova, Savona, Venezia e Marsiglia.

Le scoperte in campo chimico portarono alla sintesi di particolari molecole di profumo che consentirà di realizzare fragranze innovative e di alta qualità. I profumi intensi e sensuali erano a base di muschio, patchouli o eliotropo, mentre più delicate erano le acque floreali alla rosa, gelsomino o mughetto. Inoltre i grandi marchi iniziano a creare vere e proprie linee di cosmetici per il teatro e per la toilette femminile. Nel 1828, grazie alla rivoluzionaria scoperta dell’urea per merito del chimico tedesco Friedrich Wöhler, ha inizio la profumeria moderna, dominata da essenze sintetiche che conferiscono note astratte alle fragranze e dall’invenzione delle fragranze aldeidate. I profumi più rinomati dell’epoca vengono chiamati con nomi suggestivi che evocano precise sensazioni, perché ormai ciò che conta è il messaggio che si trasmette con essi. La storia del profumo giunge così negli anni 2000 ad una profusione di fragranze diverse che puntano sempre più al consumatore cercando di incontrare le sue esigenze. Trovare fragranze non di marchi internazionali diventa sempre più difficile e molto spesso i pochi profumi artigianali reperibili costano una fortuna. Questo da noi, in Occidente, ma se si ritorna nei luoghi dove ha avuto origine il profumo, allora tutto cambia. Nei bazar e nelle erboristerie dei paesi del Medio Oriente è ancora possibile reperire profumi e saponi artigianali realizzati con tecniche antiche.

Anche se nei bazar si può trovare ogni tipo di profumo, purtroppo ne resta uno introvabile e improducibile. È il profumo dei luoghi e delle persone, quello che ci fa amare o detestare la realtà in cui ci troviamo in un preciso momento. I profumi svolgono un'influenza positiva sul nostro umore e una fragranza piace a dispetto di altre, perché la risposta olfattiva è quasi sempre filtrata dalla memoria delle esperienze precedenti. È impossibile nella realtà poter catturare gli odori e i profumi del mondo, anche se una buona educazione ‘’all’ascolto’’ dei profumi è essenziale quando si incontrano nuove terre. In fondo, come diceva Victor Hugo “Nulla sveglia un ricordo quanto un odore”.
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