LIBIA - EGITTO
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Il Sahara è il più vasto deserto del globo, che si estende attraverso l’intero continente africano dall’Atlantico al Mar Rosso, appena interrotto dalla stretta fascia irrigata dalle acque del Nilo. A differenza di quello che si può pensare, il Sahara non ha un aspetto uniforme. Nei suoi 4.000 chilometri di lunghezza si identificano, infatti, diversi tipi di paesaggio: l'hammada (deserto roccioso), il sarīr (un tipo di deserto caratterizzato da materiale sabbioso e ghiaioso) e l’erg o edeyen (deserto sabbioso). La zona meno esplorata del Sahara, conosciuta come il Grande Mare di Sabbia, si trova tra la Libia e l’Egitto. In questa distesa desertica di oltre 72.000 chilometri quadrati, si trovano dei territori di grande impatto visivo che sono rimasti sconosciuti fino al XX secolo. Fu solo alla fine degli anni '20 e all'inizio degli anni '30, che il deserto libico divenne meta di alcuni impavidi esploratori, inviati per mappare questa zona ancora sconosciuta, ma importante ai fini bellici.

Ralph Bagnold, Douglas Newbold, Kennedy Shaw, Patrick A. Clayton e László Almásy (il vero personaggio del romanzo Il paziente inglese),furono tra gli esploratori più noti che visitarono il Grande Mare di Sabbia. I primi ad avventurarsi nel deserto in automobile furono Bagnold e Almásy. Quest’ultimo fece la prima spedizione in automobile dal Cairo a Khartum nel 1926, quindi attraversò la sezione finora inesplorata del Darb el Arbain da Selima a Kharga nel 1929. Tre anni dopo Almásy e Clayton, insieme a un giovane inglese con lo stesso nome, Sir Robert Clayton East Clayton, organizzarono un'importante spedizione per sorvegliare l'ignoto lato occidentale del Gilf Kebir. Per la prima volta, l'attrezzatura per l'esplorazione includeva un aereo. Durante i sorvoli, i tre esploratori scoprirono tre valli nascoste, tutte facenti parte del Gilf Kebir.

Il Gilf Kebir, la “grande barriera”, è un altopiano arenario che si trova alle propaggini sud-occidentali dell’Egitto, ai confini con la Libia e il Sudan. Per millenni il Gilf Kebir ha rappresentato un’area di transito e sosta per i gruppi preistorici che si spostavano tra il Sahara orientale e la Valle del Nilo. Tutti i precedenti tentativi di raggiungere quest’area via terra erano falliti, ma nel 1933 Almásy e Clayton, in spedizioni separate, riuscirono a entrarvi: Clayton esplorò il Wadi Hamra e il Wadi Abd el Melik, mentre Almásy si spinse verso ovest, nel Wadi Talh. Fu a seguito di questa spedizione che Almásy, scoprì le tre celebri grotte dipinte di Wadi Sura, letteralmente ‘’la valle delle immagini’’. In una delle grotte Almásy, trovò delle strane pitture rupestri, divenute note al grande pubblico in quando parte dell’ambientazione del film ‘Il paziente inglese’ diretto nel 1996 da Anthony Minghella e premiato con ben 9 premi Oscar. Invece delle solite scene di caccia, l’esploratore ungherese si trovò davanti a delle pitture che raffiguravano degli uomini che eseguivano un’attività natatoria. Da qui il nome di Grotta o Caverna dei Nuotatori. La loro interpretazione come veri e propri nuotatori rimane incerta. Più verosimilmente, queste figure sono rivestite di un forte significato simbolico.
La seconda grotta, meno celebre, ma meglio conservata rispetto alla Caverna dei Nuotatori, è la grotta di Shaw o degli Arcieri nel Wadi Wasa. Scoperta nel 1935, le pareti della grotta presentano pitture di bestiame, scene di vita quotidiana e di caccia. La terza e ultima è la Grotta Foggini - Mestekawi, una delle più belle caverne affrescate del deserto Sahariano, tanto da essere stata definita ‘’la Cappella Sistina del Sahara’’. La caratteristica più sorprendente di questa grotta è la quantità di immagini sovrapposte le une alle altre, di diversi colori e stili. Singoli uomini o gruppi, sono raffigurati durante battute di caccia e scene rituali. Tra le immagini spiccano numerose impronte di mani, segno che questa grotta, la meglio conservata delle tre, fosse utilizzata per dei rituali. Per proteggere e valorizzare questi preziosi patrimoni, è nato un progetto di conservazione e restauro delle grotte dipinte, inserito nel quadro generale del “Programma Ambientale di Cooperazione Italo-Egiziana”.
L’analisi di queste grotte ha sollevato molti interrogativi circa le condizioni climatiche e la conseguente possibilità di sopravvivenza in quest’area durante la preistoria. Una spedizione guidata dall’archeologo tedesco Rudolph Kuper, dell’Istituto Heirich Barth dell’Università di Colonia, ha attestato la presenza umana nella regione in un arco temporale compreso tra gli 8000 e i 7000 anni fa. La prova che il clima in questa zona potesse realmente essere favorevole all’uomo, è stata fornita da piccoli resti di legno carbonizzato, datati tra i 6000 e i 9000 anni fa. Al margine dell’oasi di Dakhla, specialisti canadesi hanno portato alla luce ossa di elefanti, bufali e giraffe. Grazie a una ricerca durata un decennio, Rudolph Kuper e i suoi collaboratori hanno così strappato alle sabbie del deserto una storia umana meravigliosa e ormai dimenticata, riuscendo a ricostruire l’immagine nitida di un paesaggio fertile. Migliaia di anni fa, spiegano i ricercatori di Colonia, scorreva lungo il margine sud del deserto libico del Sudan un secondo Nilo, il “Nilo giallo”, che si estendeva per 1000 km attraverso l’odierna valle, nota come Wadi Howar. Tuttavia, il clima eccezionale si mantenne solo per circa 4000 anni. Poi, il Sahara riconquistò lentamente, ma inesorabilmente, il vecchio territorio. Animali e uomini furono costretti a migrare verso est, in direzione della fertile valle del Nilo, dove diedero inizio alla straordinaria storia dell’Egitto. Seguendo l’antico flusso migratorio della popolazione locale, si giunge in un’area dalla bellezza straordinaria: Sahara el Beyda, il deserto bianco.
Sahara el Beyda, che si trova tra le oasi di Bahariya e Farafra, è una distesa di 300kmq di monoliti gessosi e pilastri calcarei erosi dal vento, simili a creature viventi. Gli studi condotti in questa area e il rinvenimento di numerosi fossili, hanno rivelato che circa 5000 anni fa la zona presentava la tipica vegetazione della savana e numerosi bacini d’acqua dolce. Delle riserve idriche dell’antichità sono rimaste solo i bacini dell’oasi di Farafra a sud, di Bahariya a nord e di Siwa a nord ovest. Quest’ultima è diventata celebre per il film Il Paziente Inglese e per le numerose spedizioni condotte da molti avventurieri europei nel XIX secolo che seguivano le tracce fornite da Erodoto e dalle imprese di Alessandro Magno.
Nonostante il suo fascino sia di grande impatto, questa porzione di Sahara viene raramente visitata. La distanza dalle grandi città e dalle arterie stradali principali, le difficoltà logistiche e le incertezze legate al fattore sicurezza, sono un deterrente che dissuade molti turisti. Tuttavia, se nella zona del Gilf Kebir la distanza dai centri urbani e la vicinanza alla Libia, oggi sfondo dei nuovi giochi tra le potenze internazionali, costituiscono un valido motivo per evitare momentaneamente gli spostamenti, per il Sahara el Beyda, la situazione è diversa e il viaggio assolutamente fattibile. Visitare questa immensa distesa dai colori che vanno dal nero, all’ocra, al bianco, permette di scoprire un altro volto dell’Egitto, meno usuale, ma comunque autentico.
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