SUR - OMAN
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L'Oman condivide molte caratteristiche culturali con i suoi vicini arabi, in particolare con gli Emirati Arabi e il Kuwait. La natura relativamente recente e artificiale del Sultanato dell’Oman, rende difficile descrivere una cultura nazionale, anche se i contatti con i paesi della costa swahili e dell’Oceano Indiano hanno lasciato una sufficiente eterogeneità culturale. La particolare posizione geografica dell’Oman tra il Deserto Arabico, il Golfo di Oman e il Mare Arabico, ha contribuito allo sviluppo dell’arte della navigazione.

L'Oman è considerato una delle nazioni leader nella marineria. È stato pioniere in questo campo poiché la sua antica civiltà Majan aveva connessioni e relazioni con altre civiltà in tutto il mondo, specialmente in Iraq, India ed Europa. Il termine Majan è associato alla cultura della costruzione navale e della fusione del rame, descritta in documenti redatti in lingua sumera. Gli antichi Sumeri avevano collegamenti commerciali con l'Oman, che chiamavano Terra di Majan, ovvero la terra dei marinai. Oltre ad essere degli abili navigatori, gli omaniti si sono sempre distinti per la loro abilità nella costruzione navale, tanto da diventare leader mondiali del settore.

Le barche tradizionalmente costruite ed utilizzate in Oman, prendono il nome di dhow (inglesismo del termine swahili, poi assunto dagli arabi, dau) e sono delle barche a vela a due alberi. Generalmente conosciute come barche arabe tradizionali, i dhow erano usati nei tempi antichi per il commercio tra le regioni del Golfo Persico, l’Africa Orientale e le Indie. Dato l’utilizzo di questa particolare imbarcazione in tutti i paesi che si affacciano sul Mar Arabico, sono diversi i popoli che attribuiscono al genio dei propri antenati la costruzione del primo dhow.

Secondo le ipotesi più accreditate, il dhow venne inventato dagli arabi o dagli indiani come nave per il trasporto di merci pesanti, come pesce, acqua o merci di vario tipo lungo le coste della penisola arabica, del Pakistan, dell’India, del Bangladesh e dell’Africa Nord Orientale. Altre ipotesi affermano che questo tipo di imbarcazione abbia avuto origine in Cina tra il VII sec. a.C. e il VII sec. d.C., ma non ci sono evidenze che possano dimostrarlo in maniera definitiva. La principale caratteristica delle imbarcazioni tipiche dell’Oman è di essere costituite da assi legate insieme con vari tipi di corda. Tra i vantaggi di questa tecnica c’era il fatto che la solidità delle corde non era minata dalla salsedine, come succede ai chiodi o alle altre parti metalliche che servono a tenere insieme un’imbarcazione di legno.
Questa particolare caratteristica ha suggerito che l’origine dei dhow vada ricercata in tempi molto antichi. La tecnica di ‘’cucire’’ le barche era infatti nota agli antichi egizi, come testimoniano le due barche solari di Cheope rinvenute nella Piana di Giza, oltre che ai Troiani e ai Fenici. Come è accaduto per ogni invenzione degna di nota, greci e romani, documentarono, studiarono e appresero le antiche tecniche di costruzione navale degli altri popoli. Diverse sono le cronache che forniscono una dettagliata descrizione dell’originaria forma dei dhow, molto simile alle imbarcazioni utilizzate dagli egizi per navigare sul Nilo, ma con ovvie modifiche dello scafo per la navigazione in mare. Critico nei confronti dei dhow, fu Marco Polo. Il celebre mercante-viaggiatore veneziano vide per la prima volta i dhow nei pressi di Hormuz e rimase così stupito dalla tecnica di costruzione utilizzata dai popoli della zona, da prenderne nota nei suoi famosi diari. A riguardo scrisse: “Erano spaghi e con esso ricucivano le assi della nave. Mantiene bene e non è corroso dall'acqua di mare, ma non resisterà bene in una tempesta”. Se quelli di Marco Polo furono tra i più antichi avvistamenti di dhow mai registrati dagli europei moderni, i più recenti risalgono al principio del Novecento, quando era ancora possibile vedere giganteschi dhow trasportare enormi carichi di merci lungo le coste dell’Africa Orientale e dello Sri Lanka.

Nell'Oceano Indiano, i dhow dominarono le acque fino al XV secolo, quando l'arrivo dei portoghesi aprì l'area ai metodi europei. Una testimonianza del cosiddetto ‘’periodo portoghese’’ è stata rinvenuta nel 1998 al largo dell'isola di Al Hallaniyah. Gli archeologi hanno identificato il relitto dell’Esmeralda, la nave portoghese che nel 1502 trasportò Vasco da Gama nel suo secondo viaggio nelle Indie per ordine di re Manuel I. Colpita da una tempesta, la nave affondò e portò con sé sul fondo dell’Oceano un indio d’argento, ovvero una speciale moneta coniata per celebrare l’impresa del navigatore e circolata per brevissimo tempo. Le contaminazioni dello stile portoghese si notano dalle aggiunte di file di finestrelle e grasso di squalo per sigillare gli spazi tra le assi. Tuttavia le caratteristiche distintive dei dhow rimasero pressoché intatte.
Il tradizionale dhow era curvo su entrambe le estremità, mentre altri tipi, come il sambuq e il ghanjah, vantavano una poppa alta e quadrata, ispirata al design dei galeoni portoghesi. I dhow tradizionali erano guidati da una vela latina, ovvero una vela di taglio triangolare che fornisce una potenza eccellente alla barca. Le prime vele furono realizzate intrecciando foglie di palma, mentre in seguito venne utilizzato anche il cotone. Generalmente tutti i dhow avevano due paia di vele: una per la notte e le condizioni meteorologiche avverse e l'altra per l'uso quotidiano durante il giorno. Un'altra peculiarità del tradizionale dhow era la sua cosiddetta costruzione cucita. Le assi, di solito in mogano o teak (un legno tropicale importato dall'India), venivano letteralmente cucite insieme usando la corda di cocco, sebbene i chiodi fossero sempre più usati dopo che le navi europee iniziarono a visitare la regione.

Si dice che, sebbene fino ad ora varie forme di dhow siano state costruite in tutto il mondo, i dhow possono essere classificati solo in due tipi principali: i shu'ai e i boum o jailbut. Il primo è il più comune dhow a vela utilizzato nei decenni passati nel Golfo Persico per le attività di pesca, mentre il secondo è un dhow a motore con una poppa che si assottiglia. I jailbut sono i tipi di dhow che vengono oggi utilizzati per le crociere lungo le coste della Penisola del Musandam.

La costruzione dei dhow, che comporta oltre sei mesi di lavoro, non è solo un mestiere, ma viene considerata una vera e propria arte da tramandare di generazione in generazione. La tradizione costruttiva è affidata principalmente alla memoria e alla trasmissione orale degli artigiani omaniti. Da tempo immemorabile l'arte dei dhow è stata, infatti, il privilegio del Sultanato dell'Oman che ancora oggi detiene il primato di miglior costruttore di dhow del mondo. Sur, la capitale del Governatorato di Ash Sharqiyah, è stata per secoli una delle principali città del Golfo Persico in cui si costruivano le navi per il trasporto di merci, tra cui principalmente incenso e perle, che sarebbero salpate per Zanzibar, Cina, Iraq e India. Oggi Sur è l’unica città che ospita un cantiere navale che produce esclusivamente i dhow che vengono impiegati nella pesca, nel commercio e, soprattutto nel settore turistico.

Nel 2016 un cantiere navale di Dubai gestito da Obaid al Falasi ha intrapreso la costruzione del più grande dhow del mondo con un peso complessivo di 2.500 tonnellate. Il lavoro è stato affidato ad artigiani pakistani e richiederà oltre tre anni di duro lavoro sotto il sole cocente degli Emirati.
Nonostante le dimensioni da record, per tenere assieme le varie parti della nave, sono stati utilizzati chiodi e viti, abbandonando le tradizionali peculiarità del dhow. Anche se molti mari ospitano queste imbarcazioni, soprattutto Zanzibar, Qatar, Kuwait ed Emirati Arabi, l’unico luogo in cui vedere ancora la vera arte tradizionale della costruzione dei dhow è Sur. Il suo cantiere Fatah al Khair (in cui si trova anche un piccolo museo) regala uno sguardo affascinante su una tradizione artigianale quasi estinta.
Fonti: khasabmusandamcrociere - omanobserver - roughguides - rainews - dailymail
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