MAROCCO - ALGERIA
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Era una cocente sera d’estate a Oujda e mi trovavo in compagnia di un gruppo di amici davanti alle bancarelle di hummus e di teste di capra di Parc Lalla Meriem. Ad intermittenza si sentiva una musica provenire dal vicino Parc Lalla Aicha. Incuriosita, chiesi ai miei amici di spostarci nell’altro grande giardino del centro storico per vedere se era in corso uno dei tanti eventi musicali che popolano le notti di Oujda. La loro reazione fu molto strana. Mi dissero che era meglio evitare perché si trattava di musica pericolosa. Non riuscendo a capire come la musica potesse esporre a rischio, chiesi spiegazioni. Mi raccontarono che si trattava di un antico rituale in cui le donne partecipanti cadono in uno stato di trance per poi iniziare ad urlare, rotolare per terra e piangere. Non era da buoni musulmani prendere parte o anche solo assistere a questo tipo di riti, soprattutto perché venivano invocati vari jinn, tra cui la perfida Aisha Kandisha. Non volendo urtare ulteriormente la loro suscettibilità con altre domande ed aprire un dibattito sulla religione, cambiai argomento. Ma la curiosità inappagata mi spinse a prendere informazioni.
In Marocco esistono molti balli che inducono in uno stato di trance. Alcuni sono derivazioni del rito del semazen sufi, altri sono rituali terapeutici di origine berbera o saharawi. In entrambe i casi, essendo presente una forte connotazione mistica o animista, non vengono ben visti dai musulmani più ortodossi. Gli Hmadcha (una congregazione fondata nel XVII secolo), i Jīlāla (una confraternita estatica e terapeutico-musicale di origine sufi) e gli Aissawa (un gruppo mistico fondato a Meknes) sono solo alcune comunità che praticano riti estatici in cui viene invocata Aisha Kandisha.

ʿĀisha Qandīsha, francesizzato in Aicha Kandicha, è una jinniyya della mitologia dei berberi del Marocco e dell’Algeria occidentale. Secondo la tradizione coranica, i jinn sono degli spiriti o dei demoni originati dal fuoco, in grado di prendere forma vivente. Se nella dimensione religiosa i jinn hanno acquisito caratteristiche spesso negative, nella cultura preislamica questi spiriti erano i rappresentanti del legame tra l’uomo e le forze naturali. Conosciuti soprattutto tramite i mille e uno racconti dell’intelligente Shahrazād, i jinn hanno popolato i sogni e gli incubi non solo delle popolazioni del Medio Oriente, ma anche del Maghreb. Aisha Kandisha è la prova che questi esseri mitologici fanno ancora parte del patrimonio culturale del Marocco. La sua leggenda secolare è diffusa tra i popoli nomadi e semi-nomadi con alcune varianti.
La prima versione del mito vuole che Aisha Kandicha fosse una contessa portoghese, vissuta nel XVI secolo. Giunta sulla costa atlantica durante l’occupazione portoghese, si innamorò perdutamente di un notaio di Safi. I due si sposarono secondo il rito islamico e lei cambiò il suo nome in Aisha. Anche il suo titolo nobiliare, dal portoghese condessa, si trasformò nell’arabo kandisha. Nonostante la conversione all’Islam, Aisha non si copriva il capo e non utilizzava gli abiti tradizionali marocchini. Quando usciva dalla sua casa, tutti potevano vedere la sua bellezza. I lunghi capelli neri, la pelle di madreperla e gli occhi color miele, facevano innamorare tutti gli uomini che incrociavano il suo cammino. Tanti persero la ragione e vagarono disperati per l'eternità.

La seconda versione della leggenda narra che Aisha fosse una bellissima donna della provincia di Mazighen, il nome berbero di El Jadida. All’inizio del XVI secolo, i portoghesi attaccarono e conquistarono la città e iniziarono ad avanzare nei villaggi berberi dell’entroterra. Durante uno di questi attacchi, fu ucciso barbaramente il marito di Aisha e tutti i suoi compaesani. Quando la donna vide i corpi massacrati dei suoi cari e del suo amato consorte, giurò di vendicarsi, uccidendo tutti gli ufficiali portoghesi. Da quel giorno, Aisha vagò lungo i paesi della costa marocchina, adescando i portoghesi grazie alla sua straordinaria bellezza. Una volta sedotti, la bella Aisha attirava gli ufficiali in posti isolati della città o nelle vicinanze dei fiumi e li strangolava senza esitazione. Da qui alcuni dei tanti soprannomi che le sono stati assegnati nei secoli, ovvero Moulat el Merja (la signora della palude), Moulat el Widan (la signora dei fiumi) e il più noto Lalla Aisha (da layla, notte). Anche in questa versione, essendo Aisha berbera, non utilizzava il velo e il tipico jileba marocchino.

Altre versioni meno popolari della leggenda, narrano che Aisha Kandisha fosse originaria di Baghdad e che si fosse trasferita in Marocco per conoscere i mistici del nord Africa ed apprenderne le loro capacità. Durante un viaggio a El Jadida si innamorò e convolò a nozze, anche se poco dopo rimase vedova. Il dolore per la perdita del marito, brutalmente assassinato, la indusse ad uccidere tutti gli uomini che le si avvicinavano per corteggiarla. Nonostante le molteplici versioni della leggenda, esiste un punto in comune che riguarda l’aspetto fisico. Aisha viene sempre descritta come una donna dalla bellezza fuori dal comune, ma con un aspetto inquietante: al posto delle gambe, ha delle zampe di cammello o di capra. Questo fattore, induce a classificare Aisha non come una comune mortale, ma come un essere appartenente alla razza dei jinn. Non è chiaro come sia avvenuto il passaggio dalla forma umana ad una specie soprannaturale. Secondo il sociologo Paul Pascon, il culto di Aisha Kandisha deriverebbe da Astarte, la dea Madre fenicia, comune a tutte le nazioni semitiche. Questa possibilità è stata avvalorata dagli studi condotti da Vincent Crapanzano, professore di antropologia e letteratura comparata dell’Università di New York, secondo cui il nome "Kandisha" deriverebbe dal nome "Quedecha", una dea cananea il cui culto venne introdotto in Marocco dai Fenici. In effetti, tutta la regione costiera atlantica del Marocco fu per molti secoli sotto il controllo fenicio.

Il fatto che Aisha sia invocata insieme agli spiriti ebraici Sebtyin ("signori del sabato"), dalle confraternite di stampo sufi durante le cerimonie della Derdeba, praticate dalle famiglie degli gnawa, fornisce l’ipotesi che la donna fosse di religione ebraica. Una probabile spiegazione della trasformazione di Aisha in jinna, potrebbe essere legata alla religione islamica. Nelle versioni più diffuse e popolari del mito, viene sempre rimarcato il fatto che la donna non indossasse il velo. Questo può fare pensare che le gambe da cammello o da capra, siano state la punizione divina inflitta ad Aisha per non aver rispettato i precetti dell’abbigliamento islamico e per inserire il culto pagano della dea Madre Astarte nella visione monoteista islamica. Ma questa è solo una mia teoria.
Che sia una portoghese convertita, una berbera, un’ebrea o una mistica, Aisha rimane il simbolo dell’orgoglio delle minoranze e della resistenza femminile. Aisha è spesso associata ad un’altra figura femminile leggendaria, Kahina, il nome tradizionale con cui è conosciuta la regina e condottiera berbera Dīhya. Tuttavia, il lato sessuale presente e rimarcato nella leggenda, contribuisce a rendere Aisha il simbolo della perfidia e della lussuria femminile. Aisha è colei che seduce con l’inganno, che ruba i mariti e che li uccide a tradimento. Il fatto che per scacciare lo spirito di Aisha si debba ricorrere ai versetti del Corano o all’utilizzo di materiali metallici, sottolinea come la protagonista di questa leggenda rappresenti una nemica della fede e impersonifichi tutti i peccati tipicamente femminili.
In molti credono che lo spirito di Aisha vaghi di notte per le strade delle città o nel deserto alla ricerca di uomini da sedurre e uccidere. Nonostante il mistero e la paura che avvolgono la sua figura, Aisha viene invocata in molte canzoni gnawa ed ha ispirato anche film e romanzi. Il regista Jérôme Cohen-Olivar si è ispirato alla leggenda di Aisha per il suo film horror intitolato ‘’Kandisha’’. Selezionato tra le migliori pellicole horror-fantasy dal Palm Springs International Film Festival, il film racconta la storia di un’avvocatessa che indaga su un sanguinoso omicidio. La sua assistita è imputata per l’assassinio del marito, avvenuto dopo una violenza. Se per la giustizia l’omicidio è stato un atto di autodifesa, l’avvocatessa scoprirà che è avvenuto per mano di Aisha Kandisha, uno spirito vendicativo che uccide gli uomini che abusano delle donne.
Anche la musica ha tratto ispirazione da questa leggenda, riportando Aisha al suo significato simbolico originale. Jarring Effects, un'etichetta musicale francese che incoraggia i musicisti a essere indipendenti, ha composto nel 1987 il brano ‘’Aisha Kadisha’’ in cui elementi gnawa, reggae, ambient, house e pop si fondono per evocare una dimensione mistica.
Il gruppo Karmaâ ha tratto ispirazione dalle atmosfere evocate da Aisha per comporre un brano in cui elementi orientali tradizionali si fondono con la musica moderna.
Maalim Abdelkader Amlil e Maalem Hamid El Kasri, due tra gli ultimi grandi maestri della musica gnawa, e altri musicisti del medesimo gruppo etnico, hanno dedicato molte canzoni alla storia della bella Aisha.
Le tracce di questo personaggio leggendario in diverse espressioni artistiche, mostrano l'attaccamento dei berberi e degli gnawa a questa figura femminile che fa parte della memoria e del patrimonio culturale del Marocco.
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