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Gnawa, la musica come arma di libertà

ESSAOUIRA - MAROCCO

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Il Marocco è un paese in cui convivono diversi gruppi etnici. Oltre ai berberi e agli arabi, il paesaggio etnico del Marocco ha visto nel corso della storia il passaggio di altre minoranze che hanno lasciato un’importante eredità culturale. Tra essi si distingue l’etnia gnawa, una popolazione di origine subsahariana che, se fino ad un passato recente era sinonimo di schiavismo e discriminazione, oggi è divenuta motivo di vanto. Il termine Gnawa ha tre accezioni, una riferita al gruppo etnico, una alle confraternite spirituali e, infine, una legata alla musica.

Festival della musica Gnawa di Essaouira (foto festival-gnaoua.net)
Festival della musica Gnawa di Essaouira (foto festival-gnaoua.net)

I Gnawa sono un gruppo etnico presente nel Maghreb, in particolare nel sud del Marocco, formato dai discendenti degli schiavi neri provenienti dai paesi dell'Africa subsahariana. Gli storici ritengono che la popolazione Gnawa sia originaria dell’Africa occidentale nera, ovvero della Guinea, del Senegal, del Mali e della Mauritania. L’etimologia del termine ‘’gnawa’’ sarebbe la resa araba della radice linguistica berbera ‘’gnaw’’, che indica sia il colore nero della pelle, sia l’incomprensibilità della lingua di queste popolazioni africane. Il verbo Tuareg gănnăw, significa infatti ‘’essere muto’’ e la parola berbera tagnawit significa "lingua incomprensibile". Anticamente, il concetto di "nero di pelle" veniva usato per differenziare i popoli provenienti dal sud del Marocco e dalla Mauritania, dai berberi bianchi del Marocco centrale e settentrionale. Col passare dei secoli e con l’inizio della compravendita degli schiavi, il termine ‘’nero’’ divenne sinonimo di ‘’schiavo’’. Secondo altre teorie, il termine ‘’gnawa’’ avrebbe avuto origine dalla parola Guinea, un paese noto per il commercio di schiavi durante l'XI secolo.

La popolazione gnawa giunse in Marocco attraverso le rotte transahariane del commercio degli schiavi. L’inizio di un sistema sociale ed economico basato sulla schiavitù, si ebbe con la sconfitta dei berberi e la conquista araba dei paesi del Maghreb nell'VIII secolo. Gli omayyadi fecero diverse incursioni nei territori subsahariani confinanti con Marocco ed Algeria per procurarsi uomini destinati ai lavori pesanti, come l’edificazione di monumenti o le nuove coltivazioni agricole. Inoltre, una parte degli schiavi veniva inviata verso Oriente per arruolarsi nell’esercito o per svolgere mansioni domestiche nelle dimore dei califfi e dei nobili. Uno degli esempi più noti di questo ultimo impiego, anche se storicamente molto posteriore, sono gli eunuchi che lavoravano come guardiani dell’Harem del Palazzo Topkapi di Istanbul. 

Kizlar Agha, il titolo dato al capo degli eunuchi africani che sorvegliavano l'harem del Palazzo di Topkapı di Istanbul
Kizlar Agha, il titolo dato al capo degli eunuchi africani che sorvegliavano l'harem del Palazzo di Topkapı di Istanbul

I primi regnanti in Marocco ad utilizzare gli schiavi neri furono gli Almoravidi (XI-XII sec.). La dinastia Almoravide, di origine berbera, chiamava questi gruppi di schiavi abid o sudan, entrambe parole arabe, oppure haratin o gnawa, termini berberi. La maggior parte degli schiavi veniva condotta a piedi fino all’Andalusia. Gli uomini che riuscivano a sopravvivere al viaggio venivano arruolati nell’esercito o impiegati nei lavori edili, mentre le donne erano destinate alle mansioni domestiche o a diventare concubine. Con le dinastie successive si arrivò ad oltrepassare le decine di migliaia di schiavi nel Vecchio Continente. Per far fronte ad una domanda sempre più alta, gli schiavi furono anche trasportati via mare. Il porto più importante di questa nuova rotta era Essaouira, che divenne il terminale di arrivo delle carovane provenienti da Timbuctu, nonché luogo di imbarco di schiavi per le colonie europee, in particolare portoghesi. Di questa tratta si ha ancora notizia nel XX secolo, quando finalmente alcuni stati africani sottoscrissero dei trattati di abolizione del commercio di esseri umani.

Essaouira, Marocco
Essaouira, Marocco

Nel corso dei secoli, gli schiavi che erano riusciti a scappare o che erano stati liberati dai propri padroni, formarono delle comunità che col tempo crebbero di dimensione e d’importanza. Le loro credenze animiste preislamiche si fusero con la nuova religione imposta, dando origine a delle confraternite mistiche. Questa è la seconda accezione del termine ‘’gnawa’’, ovvero un ordine religioso-spirituale islamico con forti connotazioni animiste. Nonostante l’Islam più ortodosso non prevedesse rituali ascetici, i Gnawa, proprio come i Sufi in Oriente, diedero vita a sette mistiche basate sull’unione estatica tra l’uomo e il cosmo. I Gnawa consideravano l’universo come la casa degli spiriti ancestrali, ovvero gli intermediari tra la dimensione mondana e divina. 

Dettaglio del minareto del mausoleo di Mevlâna, luogo in cui sono conservate le spoglie del maestro Rumi - Konya (Turchia)
Dettaglio del minareto del mausoleo di Mevlâna, luogo in cui sono conservate le spoglie del maestro Rumi - Konya (Turchia)

Per evitare ulteriori discriminazioni ed ingiustizie, i Gnawa scelsero come agnato Bilal al Habashi, uno schiavo etiope convertito all’Islam e divenuto servitore di Maometto. A lui il Profeta affidò l’autorevole compito di pronunciare l’adhan, l’appello con cui cinque volte al giorno si richiamano i fedeli alla preghiera, divenendo il primo muezzin di colore dell’Islam. La designazione della figura di fondatore nel personaggio di Bilal, ha garantito agli Gnawa una legittimazione del proprio credo religioso, mantenendo il riferimento cruciale alle loro origini africane. Le confraternite Gnawa, che ancora oggi esistono in tutti i paesi interessati dallo schiavismo, invocano il mondo degli spiriti (noti agli arabi come jinna) attraverso cerimonie speciali in cui i partecipanti, attraverso balli e canti, cadono in stato di trance. Questa è la terza accezione del termine ‘’gnawa’’, ovvero uno stile di musica associato a questo ordine mistico, divenuto famoso in tutto il mondo, in cui viene rievocata la memoria ancestrale (turath) della diaspora degli schiavi. Lo stile di questi rituali trova diversi parallelismi artistici e spirituali con molti gruppi mistici islamici come gli Hausa del Niger, gli Stambouli della Tunisia, i Kalanga in Algeria, gli Aissawa, gli Hmadcha e i Jilala in Marocco.

Nonostante le somiglianze, i Gnawa non sono considerati propriamente un ordine mistico perché non cercano l'unione con il divino, ma piuttosto il contatto con il mondo degli spiriti. Il sincretismo di elementi islamici e animisti trova la sua massima espressione nel Derdeba, conosciuto anche come Lila (dall’arabo layla, notte), un rituale privato che ha luogo all'interno dei nuclei familiari, un mese prima dell'inizio del Ramadan. Il rito è composto da varie fasi che possono durare una o più notti. Il Derdeba, che può essere preceduto da un sacrificio animale, è composto da due parti distinte: la prima parte recitata e cantata, la seconda suonata e danzata. Nella prima fase vengono invocati gli spiriti e il profeta Maometto, attraverso una recitazione ripetuta di formule sacre. Nella seconda fase, la ripetitività vocale viene enfatizzata dalla respirazione forzata e da movimenti ripetitivi del corpo. L’unione di queste azioni, congiuntamente al ritmo della musica e all’utilizzo di incenso e spezie bruciate, induce i partecipanti in uno stato estatico. 

A condurre il rituale è il maâlem, un guaritore che invoca gli spiriti in una sequenza precisa, dettando il ritmo della musica. Le composizioni musicali, caratterizzate da melodie pentatoniche e ritmi sincopati, sono eseguite a ritmi ossessivi per richiamare gli spiriti e avvicinare i partecipanti, tramite la perdita di coscienza, ad una dimensione mistica. La musica ha inoltre lo scopo di liberare e purificare le anime dagli spiriti maligni, di guarire il corpo e curare la mente.

Gli strumenti musicali vengono costruiti dagli artigiani gnawa, usando materiali naturali che, secondo la tradizione, non possono essere abitati dagli spiriti. Il legno di pioppo viene utilizzato per la costruzione del sintir, conosciuto anche come guembri, un liuto-tamburo a tre corde con una cassa rettangolare ed un manico lungo oltre un metro. La cassa del guembri è ricoperta da pelle di dromedario concitata ed essiccata, mentre le tre corde sono ricavate dall’intestino di un caprone grasso per avere una buona resistenza e per evitare che si rompano nel momento della preparazione.  All’estremità del manico è attaccata una barretta di metallo con degli anelli fissati su di essa, chiamati sersera, i quali producono dei suoni metallici simili a delle campanelle. Il suono metallico viene considerato uno dei modi migliori per scacciare gli spiriti negativi e quindi, oltre agli anelli del guembri, vengono utilizzati anche dei crotali. I qraqeš sono dei crotali di metallo simili alle nacchere, legati da un laccio di cuoio. I musicisti ne tengono due per mano facendoli battere. Infine, vengono usati anche i tbel, dei tamburi di varie dimensioni che vengono solitamente decorati con l’henné con dei motivi che ricordano delle mani e delle stelle a cinque braccia. 

Essaouira, Marocco
Essaouira, Marocco

Negli ultimi cinquant’anni, i Gnawa hanno trasformato l'aspetto mistico della loro musica in un'arte che ha attratto praticanti di altri gruppi etnici, come arabi e berberi. Se per secoli l’etnia Gnawa è stata fortemente discriminata, ora è diventata motivo d’orgoglio per i suoi componenti e un’occasione turistico-economica per i marocchini. Nel 1997 il governo marocchino ha istituito il Gnawa World Music Festival di Essaouira. Quella che un tempo era la città in cui gli schiavi Gnawa venivano selezionati e inviati verso l’Europa, è divenuta oggi la patria della musica gnawa e una piattaforma di scambio e incontro nel nome della fratellanza umana ed artistica. Essaouira è stata scelta come location ideale per il riscatto culturale dei Gnawa grazie al suo carattere fortemente multietnico e multireligioso.

L'evento musicale dura tre giorni e si tiene ogni anno nel mese di maggio o di giugno. Le performance gnawa si alternano alle esibizioni di artisti jazz, fusion, blues e reggae, attirando da più di vent’anni grandi artisti internazionali come Pat Metheny, Didier Lockwood e Marcus Miller. Nonostante la musica gnawa esibita nel festival abbia un carattere commerciale e non coinvolga gli aspetti tradizionali mistici, il festival di Essaouira ha gettato le basi per l’integrazione dei Gnawa nel paesaggio sociale marocchino. 

Il successo internazionale delle sonorità del festival, ha reso possibile nel 2019 l’inserimento della musica gnawa all’interno della lista dei patrimoni culturali immateriali Unesco. Dopo più di mille anni i Gnawa hanno così finalmente trovato legittimità per il loro carattere distintivo culturale e hanno ridato dignità ai loro antenati. Grazie alla loro musica sono riusciti a costruire una libertà artistica che ha riportato alla memoria dei marocchini e di tutto il mondo una pagina triste e vergognosa della storia. 

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