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Le voci di Marrakech di Elias Canetti è una fotografia dell’anima di Marrakech. Nel suo scritto Canetti rivive l’anima più intima del Marocco, un luogo lontano e diverso da quello di provenienza dello scrittore. Attraverso le vicende di ciechi, cammellieri, marabutti, donne velate, commercianti, mendicanti, impostori ed ebrei, Canetti porta il lettore nel cuore della città di Marrakech, descritta utilizzando parole a tratti poetiche e a tratti crude.

Elias Canetti soggiornò per un certo periodo del 1954 a Marrakech. Il grande lavoro su Massa e potere era giunto a un momento di stasi e lo scrittore sentiva il bisogno di nuove voci, di voci incomprensibili, come quelle che lo avvolsero nella splendida città chiusa dalle sue mura. Vagando per i souq, per le strette vie, per i mercati e le piazze, fra cammelli, mendicanti, donne velate, cantastorie, farabutti, ciechi, commercianti, Canetti, con la sua stupefacente sensibilità, capta forme e suoni: «Gli altri, la gente che ha sempre vissuto là e che non capivo, erano per me come me stesso». E il suo libro ha la perfezione e la compattezza dell’istantaneo.
‘’Tento di raccontare qualcosa, ma subito ammutolisco e mi accorgo di non avere detto ancora niente. Una sostanza meravigliosamente lucente che non riesce a fluire rimane dentro di me e si fa beffa delle parole. Sarà per la lingua, che là non capivo e che ora, a poco a poco, deve tradursi in me? si trattò di avvenimenti, immagini, suoni il cui senso si formò allora, ma che non furono percepiti né definiti per mezzo delle parole; stanno al di là delle parole, e sono più profondi e più ambigui delle parole. Io sogno un uomo che disimpari a tal punto le lingue della terra da non comprendere più, in nessun paese, ciò che dice la gente. Che c’è nella lingua? Che cosa nasconde? Che cosa ci sottrae? Durante le settimane che ho trascorso in Marocco, non ho tentato di imparare né l’arabo né alcuna delle lingue berbere. Non volevo perdere nulla della forza di quelle strane grida. Volevo essere colpito da quei suoni per ciò che essi erano, e non volevo che nulla fosse attenuato da cognizioni inadeguate e artificiose’’
capitolo Le grida dei ciechi
Le voci di Marrakech racconta un paese non tanto attraverso i luoghi, come avviene solitamente nella letteratura di viaggio, ma attraverso gli individui che ne fanno parte. Elias Canetti fotografa con le parole i suoi incontri, i profumi della medina, gli sguardi e le incomprensibili voci di una città a lui sconosciuta, ma che non sente come straniera. Parte libero dai vincoli della lingua e degli involontari stereotipi che si creano leggendo notizie ed informazioni su un paese o su un popolo. Parte con la volontà di essere inebriato da suoni e da storie sconosciute.

‘’Davvero in quel momento mi sembrò di essere altrove, di aver raggiunto la meta del mio viaggio. Da lì non volevo più andarmene, ci ero già stato centinaia di anni prima, ma lo avevo dimenticato, ed ecco che ora tutto ritornava in me. Trovavo nella piazza l’ostentazione della densità, del calore della vita che sento in me stesso. Mentre mi trovavo lì, io ero quella piazza. Credo di essere sempre stato quella piazza.’’ capitolo Cantastorie e scrivani
La lingua è una ladra che ruba o impone adattamenti. Canetti ne è cosciente, ma grazie alla sua abilità nel fotografare incontri e situazioni significative, riesce a disegnare un ineguagliabile ritratto non solo di Marrakech, ma di tutto il Marocco. Sentire tra la magia dei suoi brevi racconti le voci incomprensibili, gustare gli sguardi e toccare i profumi, mi ha riportato alla memoria tante situazioni ed incontri che ho non solo visto, ma ho vissuto nei due anni in cui ho abitato in Marocco. Se per alcuni critici Le voci di Marrakech risulta noioso, privo d’azione o con poche note descrittive della città, per me racchiude l’essenza del Marocco, un paese basato su emozioni e non su descrizioni ovvie. Canetti ha colto l’anima di Marrakech e con grande abilità e sensibilità è riuscito a donarcela. Grazie a questo libro si ricorda il vero senso del viaggio, ovvero partire liberi, con il cuore sgombro da aspettative e con gli occhi pronti ad intrappolare ogni sfumatura umana. Nulla è conosciuto, così come nulla è sconosciuto. Il mondo è un groviglio di anime che si sono già incontrate, ma del cui ricordo si è dimentichi. Ritrovarle è rincontrare noi stessi.
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