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I quaranta martiri di Sebaste, una storia di fede

SIVAS & CAPPADOCIA - TURCHIA

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Gli affreschi delle chiese della Cappadocia narrano le gesta eroiche dei primi martiri cristiani. Uno dei racconti più noti, vede come protagonisti un gruppo di soldati, noti alla comunità cristiana come i ‘’quaranta martiri di Sebaste’’. A differenza di molti altri, questo episodio è considerato autentico sia per l’esistenza di un ‘’testamento spirituale’’ redatto dagli stessi martiri prima di morire, sia per l’omelia di San Basilio Magno in cui vengono narrati dettagliatamente tutti gli accadimenti.

Göreme, Cappadocia
Göreme, Cappadocia

Si narra che la vicenda ebbe luogo all’inizio del IV secolo d.C. a Sebaste, una città nell’antica provincia romana dell’Armenia Minore, oggi chiamata Sivas. A quel tempo, l’Impero Romano era diviso tra l’Oriente di Licìnio e l’Occidente di Costantino. Tra i vari patti che due strinsero per assicurare una politica comune a tutto l’impero, ci fu anche la promulgazione del celebre Editto di Milano (313) in cui veniva proclamata la neutralità dell’impero nei confronti di ogni fede e, di conseguenza, garantita la libertà di culto ai cristiani. Tuttavia, Licìnio, diventato unico imperatore della parte orientale, cominciò a perseguitare i cristiani, considerati possibili alleati di Costantino. Durante il rastrellamento, furono arrestati quaranta soldati provenienti da diversi luoghi della Cappadocia, tutti appartenenti alla XII Legione “fulminata” (così detta perché nelle sue insegne aveva un fulmine).

Gök Medrese, Sivas
Gök Medrese, Sivas

Seguendo i decreti imperiali, fu posta loro l’alternativa di apostatare o subire la morte. Con animo saldo e imperturbabile, i quaranta soldati rimasero fedeli al credo cristiano, rifiutando con fermezza la possibilità di ricorrere all’apostasia. Furono pertanto condannati ad una morta lenta e terribile: l’assideramento. Vennero denudati e immersi in un’ampia riserva d’acqua ghiacciata, situata in un cortile in comunicazione con le terme cittadine. Per accrescere la sofferenza dei condannati e far vacillare la loro volontà, erano state lasciate aperte le porte del calidarium, da cui uscivano allettanti vapori caldi. Verso mattina, uno dei quaranta soldati lasciò stremato il bacino, compiendo peccato di apostasia, ma il forte sbalzo termico lo uccise sul colpo. Nello stesso istante, una guardia di nome Aglaio, ebbe la visione di trentanove corone che dal cielo scendevano su ogni condannato, mentre la quarantesima rimaneva sospesa in alto. Subito si spogliò, gridando di essere cristiano, e prese il posto dell’apostata nel gruppo, facendo ritornare il numero dei martiri a quaranta.

I quaranta martiri di Sebaste
I quaranta martiri di Sebaste

All'alba del giorno seguente (secondo la tradizione il 9 marzo), i corpi congelati dei martiri furono bruciati e le ceneri gettate nel fiume. Tuttavia i cristiani che avevano assistito di nascosto al supplizio, raccolsero tutti i resti sopravvissuti alle fiamme e li portarono come reliquie fuori dalla Cappadocia per incoraggiare la chiesa perseguitata. Il martirio dei quaranta soldati di Sivas è tutt’ora venerato grazie agli affreschi presenti in molte chiese della Cappadocia (tra cui la famosa Yılanlı Kilise nella valle di Ilhara e la chiesa a loro dedicata a Kayseri), e in altri paesi come Bulgaria, Cipro, Macedonia, Romania e Grecia.

Ihlara Valley, Cappadocia
Ihlara Valley, Cappadocia

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