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«Un viaggio nella storia della Turchia nel primo libro pubblicato in Italia dalla Kulin,
una delle autrici più amate in patria, dove ha venduto più di dieci milioni di copie.»
La Lettura - Corriere della Sera
Dopo l’ascesa al potere di Hitler, Gerhard Schliemann, la moglie Elsa e i loro due figli, Peter e Susy, abbandonano la Germania per sfuggire alle persecuzioni naziste. Si rifugiano dapprima a Zurigo e poi, quando Gerhard riceve un’offerta dal Dipartimento di Medicina dell’Università di Istanbul, in Turchia. Mentre Susy e Gerhard sono affascinati dalla cultura turca e provano a integrarsi, Elsa e Peter sono invece fortemente ancorati alle origini tedesche. Nella città musulmana le nuove usanze avranno impatti fortissimi sulle loro vite, fino a ridisegnare i loro concetti di patria e appartenenza. In questa potente saga familiare, la Kulin racconta le sfide e le difficoltà di una vita in esilio, le ardue scelte di chi è costretto ad abbracciare un futuro incerto con una valigia piena di speranze. Un romanzo evocativo e commovente al tempo stesso, su un episodio poco noto, scritto con sapiente maestria da una delle autrici più influenti della letteratura turca.

Ci sono libri che sembrano infinitamente lunghi e la cui ultima pagina non sembra mai arrivare. Altri vengono letti tutti d’un fiato perché la curiosità e la trama avvincente non ci permettono di dormire. Questo è il caso del romanzo di Ayşe Kulin Le quattro donne di Istanbul. Ho iniziato a leggere le prime pagine mentre mi trovavo a bordo di un treno della National Rail UK. Alla 47esima pagina stavo bevendo un caffè alla stazione Sirkeci di Istanbul. Le parole di Ayşe Kulin, una turca che ama la Turchia, intrappolano il lettore nella trama di un libro che ripercorre le vite di quattro generazioni di donne in ottant’anni di storia turca. Tra le vicende cariche di colore di queste diversissime donne, si vive l’effetto sulla vita quotidiana degli avvenimenti storici e politici di quasi un secolo di storia.

‘’Marzo 1933 – Francoforte.
Elsa stava lì sulla porta, trattenendo le lacrime. Poteva portare con sé solo una borsa per il viaggio e si tormentava su cosa prendere.
Come avrebbe potuto fissare per sempre nella memoria ogni singolo oggetto. Il cuscino Gobelin fatto dalla nonna era poggiato sul divano. Davanti alle file di libri sugli scaffali, mischiate agli animaletti di porcellana che collezionava sin da bambina, svettavano le foto di famiglia. La cornice più grande racchiudeva la foto del matrimonio: adagiato di lato sopra uno sgabello, lo strascico del vestito era stato disposto ad arte.
Gerhard era in piedi, appena dietro, con una mano sulla sua spalla come a voler dire: ‘’Fidati. D’ora in poi sarai al sicuro’’.
Ma adesso quello stesso uomo stava dando a Elsa solo pochi minuti per lasciare casa sua. Stavano facendo la cosa giusta?’’
Elsa Schlimann, ebrea tedesca che si trova costretta a lasciare il suo paese per sfuggire al nazismo, fatica ad entrare in simbiosi con la sua nuova casa. Sua figlia Susan, è l’esatto opposto: fiera ed orgogliosa di essere nata in Turchia, tanto da considerarsi ‘’figlia di Mustafa Kemal Atatürk’’.
‘’Ti sei divertita oggi?’’, chiesa Elsa mentre tornavano a casa.
‘’Si’, ma quei bambini parlano male il turco. Io li ho aiutati e loro si sono arrabbiati con me’’.
‘’Ma sono tedeschi. Non hanno bisogno di parlare così bene il turco. E neppure tu!’’
‘’Non è vero! Io sono turca’’.
‘’Vivere a Istanbul non fa di te una turca, Susy’’.
‘’Mamma, io sono figlia di Atatürk’’, disse Susy in turco.
‘’Va bene, allora cambieremo il tuo cognome in Atatürk’’.
‘’Ma non si può fare! C’è un solo Atatürk. Soltanto uno!’’

Il legame con la Turchia viene sancito con il matrimonio del suo amico d’infanzia turco, dal cui profondo amore nascerà Sude, la terza generazione della famiglia Schlimann. Profondamente diversa dalla madre e dalla nonna, Sude vivrà la sua vita in un perenne stato di inquietudine che la porterà più volte sulla strada dell’egoismo. Da uno di questi momenti d'egoismo, nel giorno del Pesce d’Aprile, nasce Esra, l’ultima donna della famiglia Schlimann. Nel rapporto tra la nipote Era e la nonna Susy si tirano le conclusioni che faranno riflettere il lettore circa i cambiamenti sociali e politici della Turchia.
‘’Mia cara Esra, se insisto perché tu i trasferisca in Inghilterra è perché tengo moltissimo al tuo futuro.
Non credi che preferirei averti accanto negli ultimi anni della mia vita? So quanto ami il tuo Paese e che adori Istanbul.
Ma il nostro destino è quello di spostarci continuamente. Anche i miei genitori amavano il loro Paese e la loro città. Ma arrivò il giorno in cui dovettero lasciarsi alle spalle senza neanche avere il tempo di sciacquare le tazzine con cui avevano bevuto il loro caffè del mattino.’’
La bambina che si sentiva ‘’figlia di Atatürk’’ ora non sente più un legame così forte e dogmatico nei confronti del suo paese, al contrario, spinge la nipote ad andarsene proprio come aveva fatto sua madre per fuggire alle persecuzioni di un paese in cui non si riconosceva più.

Se da un lato la Kulin cita con gratitudine il contributo dato alla cultura turca dai tanti scienziati europei e descrive con leggerezza la complessa storia della Turchia dagli anni ‘30 al 2016, dall’altro mette in evidenza, tramite il confronto tra Susan e la nipote Esra, il contrasto tra la democrazia passata e l’incertezza del presente. L’autrice non ha paura del suo punto di vista, sembra quasi che con forza attiri gli occhi del lettore sulle pagine più scottanti di storia contemporanea, sulle riflessioni più scomode, suggerendo velatamente una nuova attenzione a ciò che succede oggi in Turchia.
"La vita di Susy copre quattro generazioni e attraverso i suoi occhi assistiamo agli alti e bassi della vita sociale e politica della società turca. La vita qui è piena di conflitti con rivoluzioni militari ogni 10 anni e varie altre rivolte. Suzi attraversa giorni difficili senza lasciare segni e sopravvive come la maggior parte di noi. Lei, credo, riflette la tipica donna turca istruita della classe media che è abbastanza intelligente da sapere cosa sta succedendo, ma incapace di cambiare le circostanze perché sa di nuovo che nessun cambiamento è possibile senza perdita. Alla sua età, la perdita non è una cura’’ Ayşe Kulin
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