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Il caffè è parte integrante della cultura dei paesi arabi e i rituali elaborati associati al suo servizio e alla sua preparazione sono diventati autentici patrimoni da tramandare e salvaguardare. Servire il caffè è un aspetto basilare dell’ospitalità nella società araba ed è considerato un atto cerimoniale di generosità. La sua importanza culturale è dimostrata dal fatto che è un elemento fisso sulle tavole di tutti i paesi del Medio Oriente. Ogni occasione, che sia gioiosa come un incontro tra amici, o infausta come un funerale, è buona per bere un caffè. Si dice che l'accoglienza e l'onore degli ospiti rimangano incompleti senza servire il caffè, anche se ricevono un banchetto in loro onore. Il rito del caffè è ben riassunto da un proverbio beduino che dice: ‘’Quando arriva un ospite, è un principe. Quando si siede, è un prigioniero. Quando se ne va, è un poeta’’.

Oltre ad essere un simbolo di generosità ed ospitalità, il caffè ha assunto nel tempo un importante ruolo sociale nella risoluzione delle dispute tra contendenti. Al di fuori dell’ambito amicale e familiare il caffè viene servito come bevanda sulle tavole di aristocratici o nobili mentre si trattano discorsi inerenti alla politica o alle guerre. Bere o meno insieme una tazza di caffè è il segno di riconciliazione o della continuazione della controversia.
Le origini dell’utilizzo del caffè si perdono nella notte dei tempi. Secondo un’antica leggenda popolare nella Penisola Arabica, l’arbusto da cui si ricava il caffè arabica fu scoperto casualmente da un pastore etiope nel IX secolo. Mentre pascolava le sue greggi, notò che gli animali che avevano masticato i frutti della pianta erano molto attivi. Così decise di sperimentarli personalmente e scoprì che potevano essere utilizzati per preparare una bevanda energizzante. Leggende a parte, la coltivazione e la produzione di caffè iniziò nei monasteri sufi dello Yemen e si diffuse dal XV secolo in tutti i paesi del Medio Oriente. Se in un primo momento veniva usato dai mistici per favorire l’insonnia e combattere la fame durante le meditazioni, poi divenne una bevanda ‘’sociale’’ nelle grandi città come Aleppo, Damasco, Baghdad, Il Cairo e Istanbul. La diffusione del caffè fu contrastata e addirittura proibita per gli effetti stimolanti agli inizi del 1500 dai musulmani ortodossi di Medina e La Mecca. Fu il sultano dell’Impero Ottomano Solimano I detto il Magnifico a sdoganare e a ridare legittimità al caffè, favorendo l’apertura dei primi cafè riservati a diplomatici, artisti, scrittori, studiosi, intellettuali e funzionari pubblici. Nel XVI secolo il caffè si diffuse dai paesi del Levante e dalla Turchia verso il Nord Africa e l’Europa.

La migrazione della cultura del caffè si ritrova nell’etimologia del termine. La parola caffè deriva dal turco kahve, a sua volta derivante dall’arabo qahwa قَهْوَة . Questo termine potrebbe sia provenire dal sostantivo arabo qahiya che significa ‘’assenza di fame’’, riferendosi alla reputazione della bevanda come un mezzo per alleviare l’appetito, sia dalla radice semitica qhh che indica il colore scuro della bevanda. Tramite il termine turco kahve, la parola è entrata nei vocabolari europei solo nel 1582 con il koffie olandese. Qahwa, che nel dialetto emiratino varia in gahwa, si riferisce solo alla bevanda, mentre per i chicchi del caffè si utilizza il termine bunn. Il chicco di Arabica ha una forma ovale e allungata, quasi piatta, a differenza di quello della qualità Robusta che è tondeggiante e meno sinuoso. La pianta del Coffea arabica è un arbusto sempreverde della famiglia delle Rubiacee dalle foglie verde scuro, dai fiori bianchi e dalle drupe rosse, che cresce dai 900 metri per arrivare a quote anche di 2000-2500 metri. L’area che oggi ospita il maggior numero di coltivazioni della qualità Arabica, rappresentando circa l’80% dell'industria mondiale del caffè, è l’Africa Orientale, soprattutto l’Etiopia, in cui il clima tropicale e le temperature che variano tra i 15 e i 25 gradi, favoriscono la fruttificazione. Con il tempo, la qualità del caffè prodotto dai chicchi di caffè Arabica e le tecniche di preparazione si sono evoluti e diffusi in tutto il Medio Oriente con differenze minime, ma importanti.

Le differenze più significative tra il caffè consumato nei paesi della Penisola Arabica e nel resto degli altri paesi che hanno ereditato la tradizione del caffè arabo, sono il livello d’amarezza, l’utilizzo di spezie e il tipo di tazzina in cui viene servita la bevanda. L’errore più comune è quello di confondere il caffè arabo con quello turco. Il kahve turco viene preparato con le stesse modalità della sua variante araba, ma non vengono aggiunti aromi. Spezie come il cardamomo, la cannella, lo zafferano e i chiodi di garofano sono gli ingredienti segreti per la preparazione di un buon caffè arabo.

All’interno della stessa Penisola Arabica esistono delle differenze di gusto e di colore del caffè. Nelle regioni del centro e del sud viene preferito l’utilizzo dello zafferano e del cardamomo per dare un colore dorato al caffè, mentre nelle aree del nord viene consumato il qahwa shamālia, un caffè dal colore più scuro e da note più amare dovute ad un processo di tostatura più lungo. Questo tipo di caffè è il preferito dai beduini, soprattutto giordani, e si ritrova anche in Siria e nel sud-est della Turchia. Questo particolare caffè, chiamato Mirra, prevede la doppia tostatura dei chicchi di caffè di qualità arabica, che conferisce alla bevanda un sapore più amaro e un colore più scuro. Infatti, la radice araba ‘’mir’’, significa, appunto, amaro. Per contrastare il sapore molto intenso, viene spesso servito con acqua di rose.

In passato, i beduini preparavano il caffè su un rudimentale camino scavato nel terreno. Nel tempo, questo è stato sostituito dal kuwar, una fossa di argilla con una stufa fatta di ciottoli e lastre di pietra. Il processo di conversione dei chicchi in caffè comprende diversi passaggi, tra cui lo smistamento, il lavaggio, l'essiccazione e la tostatura dei chicchi fino a quando diventano rossi o marroni. Tradizionalmente, il caffè viene preparato davanti agli ospiti. La preparazione del caffè inizia con la selezione di chicchi che, dopo essere stati pestati con un pestello di rame, vengono tostati in modo molto leggero o pesante da 165 a 210 °C, in una padella poco profonda chiamata tawa in cui si versa l’acqua. Dopo aver aggiunto le spezie (la più usata nei paesi della Penisola Araba è il cardamomo) ed aver mescolato la bevanda con il mihmas (un cucchiaio), il caffè viene servito con una tradizionale caffettiera chiamata dallah (in arabo: دلة) o, come nel caso del caffè turco, con il cezve. Progettati e decorati appositamente, tre tipi di dallah vengono utilizzati nella preparazione e nel servizio del caffè arabo: dallat al khamrah (una grande pentola per caffè bollente e cardamomo), dallat al talgeemah (una pentola di medie dimensioni per filtrare il caffè) e dallat al mazalah (una piccola pentola da cui viene servito il caffè).
Il caffè viene servito nelle finjaan, delle piccole tazzine senza manico, ed è solitamente accompagnato da dolci, frutta secca o da datteri. Secondo la tradizione araba, la persona che serve il caffè agli ospiti o ai familiari (muqahwi) deve avere un’età minima di 15 anni e deve servire gli ospiti in senso orario con la mano sinistra e versare il caffè nel finjaan tenuto nella mano destra dell'ospite. I giovani della famiglia devono servire gli anziani. Ciò significa che se un fratello minore è a portata di mano, il fratello maggiore non deve servire il caffè arabo, se il figlio è presente, il padre non dovrebbe servire il caffè arabo e così via. Riempire la tazza per più della metà è considerato un insulto per l’ospite, che deve accettare solo tre tazze di caffè e poi terminare l'ultima tazza dicendo daymen, che significa "sempre", ma con l'intenzione di significare "che tu possa avere sempre i mezzi per servire il caffè". L’arte della preparazione e del consumo del caffè è strettamente connessa con il Majlis, l’ambientazione naturale in cui si è sviluppato il consumo della bevanda. Majlis significa letteralmente un consiglio o un'assemblea che ha scopi culturali, sociali, educativi e persino politici. Questi raduni sono generalmente condotti da capi tribù o studiosi e si svolgono in ampie sale con la possibilità di preparare il caffè. Per l’importanza dell’arte che si nasconde dietro l’aroma intenso e per tutte le tradizioni culturali che comporta, il caffè è stato inserito nel 2015 nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'umanità, attribuendo ad Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi l’origine di tutti i riti che ruotano attorno al caffè arabo.

Anche la cultura e la tradizione comunitaria del caffè turco sono state riconosciute dall’Unesco nel 2013 in quanto simbolo di ospitalità, amicizia, raffinatezza e divertimento che permea tutti i ceti sociali. Celebrato da romanzi, poesie e canzoni il caffè è per i turchi, proprio come per noi italiani, un simbolo d’identità culturale, oltre che un’occasione per condividere le esperienze quotidiane.
Al caffè turco è dedicato l’annuale Istanbul Coffee Festival, organizzato in collaborazione con l'Associazione per la cultura e la ricerca del caffè turco. Anche il Palazzo Topkapi, la sontuosa dimora dei pascià, ha ospitato "Una goccia di piacere: 500 anni di caffè turco", una mostra che racconta gli oltre 500 anni di storia del caffè turco, tramite una vastissima collezione che riunisce elementi storici, culturali e sociali del caffè, le sue caratteristiche botaniche e i metodi di cottura nel mondo tra il XVI e il XX secolo.
Fonti: ich.unesco.org - iloveqatar - abudhabiculture - caffecarraro - unaparolalagiorno - istanbulcoffeefestival - turkkahvesidernegi
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