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''L’unico mezzo con cui possiamo preservare la natura è la cultura''
La celebre frase dell’artista Barry Adams ci introduce nel magico mondo della Land Art, un movimento artistico nato attorno alla metà degli anni Sessanta negli Stati Uniti, in risposta all’esigenza di quantificare il potere dell’arte al di fuori dei tradizionali spazi espositivi per avere piena libertà di intervento in quelli che sono territori naturali. Uno dei pionieri e dei massimi esponenti europei di questa forma d'arte contemporanea è stato Christo Vladimirov Javacheff, un artista bulgaro divenuto celebre in tutto il mondo per aver letteralmente impacchettato numerosi monumenti e per aver permesso all’uomo di camminare sulle acque.
La storia di Christo ha inizio il 13 giugno nel 1935 a Gabrovo, un piccolo paese bulgaro nel cuore dei Monti Balcani. Nato in una famiglia di industriali, Christo mostra fin dall’adolescenza una forte propensione per l’arte e per questo si iscrive all’Accademia delle Belle Arti di Sofia. Nel 1957 si trasferisce clandestinamente a Praga, prima di scappare a Vienna e poi a Ginevra per sfuggire alla repressione del regime comunista. Nel 1958 giunge a Parigi dove, per sbarcare il lunario, inizia a realizzare dei ritratti che firmava con il nome della propria famiglia “Javacheff’’. Nell’ottobre di quello stesso anno, grazie alla commissione di un ritratto, l’artista bulgaro farà un incontro che cambierà il suo destino: Jeanne Claude Denat de Guillebon, sua futura compagna di vita e di lavoro.
Jeanne Claude Denat, nata a Casablanca lo stesso giorno dello stesso anno di Christo, era stata promessa in sposa ad un uomo di buona famiglia, ma la passione tra i due fu così travolgente che la donna rimase incinta di Christo poco prima di salire sull’altare. Il matrimonio fu ugualmente celebrato, ma la donna si separò subito dopo la luna di miele e iniziò una lunga vita di amore e arte al fianco del suo amato Christo. La loro collaborazione artistica iniziò nel 1961, quando ricoprirono dei barili nel porto di Colonia. L’anno seguente la coppia realizzò la loro prima opera monumentale: “Iron Curtain”, ovvero un’installazione artistica di barili d’olio nel mezzo di rue Visconti a Parigi. L’opera, che impediva ai parigini di passare da un lato all’altro della via, era nata come forma di protesta contro il Muro di Berlino. L’intervento della polizia fu tempestivo e l’opera fu visibile al pubblico solo un paio d’ore. Questo fu il primo grande successo internazionale della coppia Christo-Jeanne Claude.
“Avere l’idea è facile. Qualunque idiota può avere una buona idea. Il difficile è metterla in atto.” (Christo e Jeanne-Claude)
Dopo il trasferimento a New York nel 1964, l’attività dei due artisti diventa sempre più intensa e significativa. Christo era l’ideatore delle opere e dei disegni, Jeanne-Claude trasformava quelle idee in realtà, con l’aiuto di ingegneri e operai o chiedendo i permessi necessari per la realizzazione delle opere. Da subito le loro filosofia artistica caratterizzata “dall’impacchettare” monumenti, denota la volontà dei due artisti di giocare enigmaticamente tra presenza e assenza. La condizione irrinunciabile del loro lavoro era la libertà: anche per questo finanziarono sempre le loro imprese, pagandole di tasca propria, attraverso i fondi provenienti dalla vendita delle opere. Non ebbero mai committenti. La loro poetica consisteva nel fare del mondo il supporto alla propria rappresentazione, la “tela” del proprio disegno, una dinamica impensabile soprattutto agli esordi, quando negli anni Sessanta l’arte stava ancora dietro le vetrine delle gallerie. Un’azione temporanea, effimera, che eppure in quel breve frangente sconvolgeva la vita di cittadini e comunità che per la prima volta guardavano i propri paesaggi quotidiani con occhi differenti. Tra i lavori compiuti in tutto il mondo ci sono Wrapped Coast, Little Bay a Sydney, in Australia (1968-1969), Valley Curtain in Colorado (1970-1972), Running Fence in California (1972-1976), Surrounded Islands a Miami (1980-1983), The Pont Neuf Wrapped a Parigi (1975–1985), The Umbrellas in Japan and California(1984–91), Wrapped Reichstag a Berlino (1972–95), The Gates al Central Park di New York (1979–2005) e La London Mastaba Sul Serpentine Lake di Londra (2016-2018).
Con l’Italia Christo e Jeanne-Claude hanno intrattenuto una relazione di lunga data, realizzando opere che hanno suscitato curiosità, stupore e, recentemente, anche critiche. A partire dalla fine degli anni Sessanta, avvolsero nel propilene bianco e corde la Piazza del Mercato e il Fortilizio dei Mulini di Spoleto. Nel 1970 a Milano impacchettarono la statua equestre di Re Vittorio Emanuele II in piazza Duomo e il monumento a Leonardo da Vinci in piazza della Scala. Nel 1974 a Roma ricoprirono nel propilene Porta Pinciana e un tratto lungo 250 metri delle Mura Aureliane. L’ultima grande opera di Christo, realizzata dopo la morta di Jean-Claude avvenuta nel 2009 a causa delle complicazioni di un aneurisma celebrale, fu l’installazione Floating Piers nel 2016. Nota a tutti come la passerella galleggiante sul Lago di Iseo, l’opera ha accolto oltre 1 milione di visitatori, rilanciando l’economia e il turismo del territorio lombardo. Il progetto era uno dei tanti concepiti assieme a Jeanne-Claude. In ricordo di oltre trent’anni di amore e di carriera, Christo, anche dopo la scomparsa della moglie, ha continuato a portare avanti il progetto artistico cominciato insieme, con il nome, sempre immutato, di Christo e Jeanne Claude. Il 31 maggio del 2020 l’artista bulgaro ha raggiunto la moglie, a seguito di morte naturale. La loro storia d’amore e i grandi sogni comuni hanno dato vita a opere colossali che hanno fatto la storia della Land Art.
“La bellezza, la scienza e l’arte trionferanno sempre“
Fonti: continiarte.com - dueminutidiarte.com - artribune.com - artecracy.eu
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