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Simurgh, l’allegoria dell’uccello mitologico persiano

IRAN

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Nella cultura persiana la letteratura con miniature è la massima manifestazione dell'espressione artistica. Fondendo un sapiente utilizzo di poesia, allegorie e rappresentazioni figurate, gli autori persiani hanno creato delle opere dalla bellezza eterna che, nonostante varie influenze straniere, hanno saputo mantenere una propria purezza di stile e di contenuti. Dalla poesia romantica di Nizami Ganjavi all'epopea di Firdowsi, gli elementi mistici e allegorici sono i predominanti. L’esigenza di parlare di un mondo metafisico piuttosto che fisico, ha causato lo sviluppo della miniatura persiana come mezzo di sostegno per una rappresentazione dualistica dell'esistenza. Le figure mitologiche nella letteratura preislamica hanno sempre adempiuto a questo scopo, oltre alla volontà degli artisti persiani di evocare un profondo senso di identità culturale, collegato al passato storico dell'antica Persia. 

Sbarco degli amanti sull'isola degli incantesimi, miniatura persiana (1556)
Sbarco degli amanti sull'isola degli incantesimi, miniatura persiana (1556)

Molti dei personaggi e dei motivi presenti nell’iconografia dei manoscritti illustrati persiani del XIII, XIV e XV secolo sono tratti dalla cultura asiatica, in particolare da quella cinese, pur continuando a narrare la pura allegoria persiana. Nell’antica Persia è sempre esistita un’intima relazione tra arte e spiritualità, derivata dalla religione. Come l'Islam, gli zoroastriani non avevano idoli religiosi, ma una forma di scultura scolpita su pietra. Nonostante l’Islam abbia vietato le arti figurative, le ideologie zoroastriane e manichee hanno fornito una vasta gamma di simbologie ed allegorie che sono sopravvissute nei secoli. Nella pittura manoscritta persiana, questi elementi vengono riutilizzati per simboleggiare il fallimento di creature mitiche spesso malvagie, come draghi e fenici, e la conseguente vittoria di eroi con poteri soprannaturali. 

Eroe che uccide un dragone, miniatura persiana (1370)
Eroe che uccide un dragone, miniatura persiana (1370)

Questi demoni erano noti come khrafstra, delle creature nemiche dell’umanità che con i loro poteri erano soliti distruggere ogni forma di vita. Molto spesso questi esseri erano roditori, rane, lucertole, leoni, tartarughe, insetti di vario genere o draghi. Questi ultimi erano tra i più comuni ed erano noti come azhi. Il più feroce era Azhi Dahaka, chiamato da Firdowsi nel suo capolavoro Shahnameh con il nome di Zahhak, un drago a tre teste che si nutriva di uomini. Oltre alla figura dei draghi, nella letteratura epica persiana era molto diffuso anche un altro essere, noto con il nome di Simurgh. Il Simurgh si presenta come un enorme pavone con la testa di un cane e gli artigli di un leone. Il cane e il pavone sono entrambi collegati al periodo delle piogge, il che potrebbe essere uno dei motivi per l'aspetto incorporato del Simurgh. Le sue dimensioni erano talmente grandi che in alcuni scritti si dice che fosse in grado di trasportare comodamente un elefante o una balena. 

Simurgh in un dettaglio della Madrasa di Nadir Divanbegi, Bukhara - Uzbekistan
Simurgh in un dettaglio della Madrasa di Nadir Divanbegi, Bukhara - Uzbekistan

Nonostante la somiglianza con la Fenice, l’uccello mitologico diffuso nelle tradizioni arabe, greche, romane, fenicie, indiane, cinesi ed egiziane, il Simurgh è uno degli elementi più caratteristici e puri della mitologia persiana. Noto nel persiano medio (pahlavi) con il nome di Sinmurw, il Simurgh viene descritto nell’Avesta, il libro sacro del Mazdeismo che secondo la tradizione sarebbe stato scritto in lettere d’oro su 12.000 pelli di bue da un discepolo di Zarathustra, Kavi Vishtaspa. Nella mitologia zoroastriana il Simurgh viene chiamato "l'uccello Saena", un essere che ha contribuito alla creazione del mondo. La sua dimora era un nido posto nel leggendario Albero Saena, un albero che si trovava al centro del Vourukasha, il mare celeste creato da Ahura Mazda. Questo albero viene definito come ‘’l’albero di tutti i semi di tutte le piante’’, ovvero ciò da cui nasce la vita. Il compito sacro del Simurgh era quello di battere le sue enormi ali e di fare cadere a terra i semi. Con il trascorrere dei secoli, il Simurgh si evolve da mito, a simbolo della regalità, a guardiano del regno persiano e, infine, a rappresentante del Divino. Molte sono le opere letterarie in cui è presente questa figura mitologica.

Simurgh porta in salvo Zal (Shāh-Nāmeh)
Simurgh porta in salvo Zal (Shāh-Nāmeh)

Il Simurgh è presente nel massimo capolavoro della letteratura persiana, Shāh-Nāmeh, il Libro dei re di Firdowsi. In questo contesto all’uccello mitologico vengono attribuiti poteri magici. Nel poema epico, ispirato a molte leggende persiane di derivazione orale e concepito per conservare la grande e antica cultura persiana dopo l’invasione araba, si narra di Sam, un cavaliere di re Manuchehr che ebbe un figlio albino di nome Zal. Il cavaliere, credendo che il bambino fosse un essere demoniaco, lo abbandonò sulla cima dei Monti Elburz, dimora del Simurgh. Questi, allevò il piccolo Zal e gli diede tre delle sue piume per tenerlo all'ombra delle sue benedizioni. Le piume serviranno per curare la principessa Rudabeh, sposa di Zal, durante il travagliato parto di Rostam, colui che diventerà il più grande eroe persiano. L’aiuto del Simurgh sarà inoltre fondamentale dopo lo scontro violento tra Rostam e il crudele Isfandiyar: Zal, strofinando la piuma donatagli dal Simurgh farà cicatrizzare all’istante le ferite mortali sul corpo del figlio.

Zal viene lasciato dal padre Sam nella dimora del Simurgh (Shāh-Nāmeh)
Zal viene lasciato dal padre Sam nella dimora del Simurgh (Shāh-Nāmeh)

Nel capolavoro della letteratura Sufi La lingua degli uccelli (Mantiq al-Tayr) di Farīd al-Dīn Attār, il Simurgh è il re degli uccelli. Tema dell’opera mistica è il viaggio simbolico di gruppo di volatili che, dopo essersi riuniti in un convegno, devono raggiungere il loro bramato sovrano. Per giungere dal Simurgh, che in questo caso è metafora di Dio, gli uccelli dovranno attraversare ‘’le sette valli’’ e affrontare tutti i pericoli di questo itinerario iniziatico lungo il sentiero della Verità. Il numero degli uccelli nell’opera di Attār è trenta, non una quantità casuale. Tradotto dal persiano, il termine Simurgh è composto da si, trenta, e murgh, uccelli. Il Simurgh è colui che riflette in sé stesso tutte le individualità degli uccelli. Solo a fine percorso, infatti, i trenta uccelli comprenderanno di non dover ricercare la Verità fuori al di fuori, ma dentro sé stessi. 

Mantiq al-Tayr di Farīd al-Dīn ʿAṭṭār
Mantiq al-Tayr di Farīd al-Dīn ʿAṭṭār

Come si evince da questi due emblematici esempi, lo spirito di Simurgh nelle illustrazioni dei manoscritti persiani corrisponde a diverse descrizioni. Dal fisico allo spirituale, dal male al bene, dal mondano al mistico, il Simurgh rimane ancora oggi, dopo oltre duemila anni di tradizione orale e scritta, una delle figure mitologiche persiane più pure e allegoriche.

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