IRAN
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Molte tradizioni, rituali e simbologie ancora oggi esistenti in Iran risalgono al periodo preislamico. Proprio come avvenne per la lingua, la conversione religiosa non comportò la perdita degli antichi usi, semmai portò all’adattamento e alla fusione delle pratiche antiche con le nuove esigenze imposte dai canoni islamici. All’interno del vasto patrimonio culturale iraniano anche le attività fisico-psichiche mostrano i segni di questa commistione spirituale e religiosa. Tra essi il Varzesh-e pahlavānī è una delle forme di sport più antiche che si sono preservate ed evolute fino ai giorni nostri. Varzesh Bastani, "sport antico", più comunemente noto come Varzesh-e pahlavānī, che significa " antico combattimento a mani nude degli eroi", è un sistema tradizionale iraniano di atletica leggera. Originariamente utilizzato per addestrare i guerrieri, il Varzesh-e pahlavānī combina movimenti ginnici, callistenici e ritmici a spiritualità, etica, devozione e musica. In questa pratica, elementi della cultura persiana preislamica (zoroastrismo, mitraismo e gnosticismo) si fondono con il codice etico dell'Islam sciita e la spiritualità del sufismo.
Le prime tracce di questa pratica risalgono all’Impero partico (III secolo a.C.) e molti elementi del rituale del Varzesh Pahlavani, ricordano quelli del Mitraismo, la religione misterica che proprio con i Parti raggiunse il suo apice. Con l’arrivo degli arabi in Persia nel 650 d.C. circa, ci fu una contaminazione della componente spirituale su cui si basava il varzesh. Il sufismo, la dimensione mistica dell’Islam, esaltò la forza meditativa di questo sport e l’Islam si insinuò con preghiere rivolte al Profeta e all’Imam Ali. Molti dei nuovi elementi introdotti con l’avvento dell’Islam sono presi in prestito dai javānmardi o fotowwa, ovvero un'ampia varietà di gesti e simboli associati ai rituali e ai codici di iniziazione nel mondo islamico, basati su un sistema etico dominato dall'altruismo, dalla magnanimità, dalla liberalità e dalla lealtà. Tuttavia, questi valori, riassunti nel termine fotowwa, venivano già condivisi da tutte le popolazioni che abitavano l’Iran, ben prima che nascesse il Profeta.

Questa nuova forma di combattimento a mani nude, associato ai valori dei javānmardi e al misticismo, è descritto nel poema epico di Ferdowsi Shahnameh, il Libro dei Re. Molte delle battaglie intraprese dagli eroi, tra cui il celebre Rostam, furono prove di forza, i cui vincitori furono determinati nel combattimento corpo a corpo. Questa tecnica di combattimento fu utilizzata in molte guerre difensive, come ad esempio durante l’invasione mongola della Corasmia che durò dal 1219 al 1221 e segnò l'inizio della conquista mongola degli stati islamici. Il rituale del Varzesh-e pahlavānī si è evoluto nel corso dei secoli successivi, fino a raggiungere il suo apice durante il regno di Nasser al-Din Shah Qajar (1831–1896). Durante questo periodo si iniziò ad assegnare il titolo ufficiale di "Pahlavan dell'Iran" al vincitore di una competizione annuale di wrestling condotta di fronte allo Scià il 21 marzo di ogni anno. Fu in questo contesto di fermento politico che gli atleti di Varzesh Pahlavani, in passato difensori e servitori della comunità, iniziarono ad essere utilizzati dall'élite politica come forze di polizia non ufficiali. Nonostante alcuni casi, come ad esempio la figura dell’atleta Shaban Jafari che giocò un ruolo determinante nel rovesciare il governo del Primo Ministro Mohammad Mossadegh nel 1953, il Varzesh Pahlavani ha continuato a mantenere la sua essenza più pura, ovvero un esercizio fisico e spirituale in cui forza e nobiltà d’animo sono messe a servizio della comunità.

Ancora oggi è possibile ammirare l’allenamento gli atleti all’interno delle Zurkhaneh, che letteralmente significa "case di forza". Questi luoghi, spesso edificati vicino ad un hammam e ad una moschea, sono le tradizionali palestre iraniane in cui i riuniscono quotidianamente gli atleti. La stanza principale delle Zurkhaneh è spesso infossata al di sotto del livello stradale per fornire temperature costanti e prevenire correnti d'aria che potrebbero danneggiare gli atleti sudati.

L'accesso per gli atleti alla stanza principale è tradizionalmente possibile solo attraverso una porta bassa, per costringerli ad inchinarsi rispettosamente prima di procedere al rituale. Al centro della stanza c’è il gowd, un'area ottagonale infossata di circa un metro di profondità, per rappresentare l'umiltà e la modestia, in cui si svolgono gli esercizi. Per fornire una superficie morbida per il wrestling, il fondo dell'arena veniva ricoperto prima con sottobosco, poi con cenere e, infine, con uno strato di terra argillosa, ma gradualmente questo è stato sostituito con linoleum o assi di legno. Per evitare lesioni agli atleti, l'intero bordo di gowd è ricoperto di gomma elastica. Il gowd è circondato da tribune per gli spettatori, rastrelliere per gli strumenti di esercizio e le pareti sono adornate con immagini di atleti, poesie sufi, figure eroiche dello Shāh-Nāmeh e l’immagine di Ali, nipote di Maometto e secondogenito del quarto califfo ʿAlī ibn Abī Ṭālib e della figlia di Maometto, Fāṭima al-Zahrāʾ.

Quando gli atleti entrano nel gowd, toccano il pavimento con le dita e poi portarle alle labbra, in segno di rispetto. Il numero dei partecipanti, rigorosamente di sesso maschile, può variare da dieci a venti, senza distinzioni di etnia o classe sociale. Il loro abbigliamento standard era un panno avvolto all’altezza dei reni e passato tra le gambe, che nel corso dei secoli è stato sostituito da calzoni in cuoio (tonbān) finemente ricamati. Prima della rivoluzione islamica, gli atleti si esercitavano a petto nudo a simboleggiare l'irrilevanza delle gerarchie sociali, ma i nuovi canoni imposti in materia d’abbigliamento, hanno imposto l’utilizzo di una maglietta.

La posizione degli atleti all’interno del gowd si basa sull’anzianità. Gli atleti più giovani si posizionano sul fondo, rivolti verso il sardam, un altare da cui il leader della zurkhaneh conduce la cerimonia. I veterani, non avendo più bisogno della guida del leader, si posizionano sotto il sardam. Il leader si chiama مرشد, morshed, e a lui spetta il compito di condurre il rituale del Varzesh-e pahlavānī, cantando poesie epiche e morali che forniscono buoni consigli per gli atleti del gowd. Lo scopo di queste poesie-preghiere è di rafforzare le anime degli atleti, inibendo il dolore causato dallo sforzo fisico e aumentando le capacità di concentrazione. I doveri del morshed non si limitano al solo allo spazio delle zurkhaneh. Il leader deve avere dimestichezza con questioni religiose e sociali e alla fine della cerimonia deve essere in grado di rispondere saggiamente alle domande degli atleti. Quando il rituale volge al termine, infatti, tutti gli atleti si confrontano su temi politici, religiosi, culturali, sociali e famigliari, rendendo la zurkhaneh non solo un luogo di esercizio fisico e meditativo, ma anche un terreno di scambio interpersonale. Ognuno chiede il permesso di parlare, dicendo la parola rukhsat, per garantire a tutti il diritto di esprimersi senza creare disagio e confusione. Se il morshed non fornisce risposte o consigli giudicati saggi, deve abbandonare il suo ruolo e cederlo a colui che si distingue per valore e moralità.

Il morshed conduce la cerimonia dal سردم sardam, un altare sacro tradizionalmente decorato con piume di pavoni e colombe, che rappresentano i guerrieri e i comandanti che usavano comunemente queste piume sui loro elmi. Per dettare il ritmo del rituale, il morshed utilizza un microfono per intonare le poesie, lo zarb (una variante degli antichi tamburi da guerra fatti d’argilla tamburo con un'ampia apertura ricoperta di pelle sottile) e lo zang, una campana che segna il passaggio da una poesia all’altra, nonché il cambio delle tecniche di esercizio. Secondo la tradizione, la prima poesia recitata dal morshed è contemporanea (può comporla il leader stesso), mentre le seguenti devono fare riferimento allo Shahnameh e al martirio dell’Imam Ali.

Una volta che gli atleti sono posizionati e che il morshed è pronto ad iniziare la cerimonia, iniziano una serie di esercizi in sequenza. I movimenti di ogni sessione, che può durare tra i dieci e in quindici minuti, imitano le antiche movenze che i guerrieri compivano in guerra, come il tiro con l’arco, l’utilizzo delle spade o il sollevamento di oggetti pesanti. La prima sessione prevede che gli atleti passino da una posizione sdraiata, ad una eretta, per ricordare la vita dell'essere umano dall'infanzia all'età adulta.
Poi iniziano le flessioni e i charkh, ovvero diversi giri dell’arena a ritmo dello zarb. Le flessioni avvengono su una tavola di legno chiamata شنا shena, mentre il giro circolare dell’arena serviva in tempi antichi a preparare l’atleta ad affrontare più aggressori con la spada e aumentare la forza dei piedi.
Una volta terminato questo primo riscaldamento muscolare, inizia il vero allenamento con l’oscillazione delle mazze, chiamate میل meel.
I meel simboleggiano antiche mazze da guerra e sarebbero stati usati nell'antica guerra dai guerrieri per prepararsi al campo di battaglia. Durante questo esercizio uno degli atleti più anziani, chiamato myander (proprietario del centro), si unisce al morshed per tenere costante il ritmo dell’allenamento. I meel possono pesare da 10 chili fino ad un massimo di 30 chili e raggiungono un’altezza massima di un metro e venti.

Terminata la sezione dedicata all’oscillazione dei meel, gli atleti si dedicano ad una serie di movimenti con il کباده kabadeh, uno strumento ispirato agli antichi archi da guerra. Il kabadeh si presenta come un'asta di ferro, allargata al centro a formare una presa per le mani, e collegata ad una catena, generalmente a 16 maglie, ciascuna contenente sei dischi. L'arco viene impugnato con entrambe le mani, baciato in segno di rispetto, quindi sollevato sopra la testa alla lunghezza delle braccia e bilanciato al ritmo del tamburo e agitato in tutte le direzioni. Questi archi possono pesare da 10 a 50 chili.

La penultima sessione del Varzesh-e pahlavānī è il cosiddetto سنگ sang, ‘’sollevamento delle pietre’’, ovvero una serie di esercizi effettuati con l’ausilio di pesanti pannelli di legno, che hanno sostituito le pietre vere che venivano usate in passato per simulare la presa degli scudi. I sang sono costituiti da due pezzi di grandi assi di legno curvate all’estremità, che vengono sorrette dagli atleti tramite delle maniglie sulle quali viene incollato un pezzo di moquette per evitare graffi alle mani. L’allenamento si conclude con il Koshti Pahlavan, la vera lotta stile libero.

Oggi ci sono circa 500 zurkhaneh in tutto l'Iran. Alcune sono finanziate privatamente, mentre altre sono di proprietà del ministero dei beni culturali. Nel 2008, l'Organizzazione iraniana per il patrimonio culturale, l'artigianato e il turismo ha registrato Varzesh-e pahlavānī nella sua lista del patrimonio nazionale come il nono patrimonio spirituale nazionale dell'Iran. Nel 2010 è stato iscritto dall’Unesco nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Nonostante quello che si dice in molte guide dell’Iran, l’accesso alle Zurkhaneh è consentito anche alle donne. La mia esperienza di turista donna sola presso la Zurkhaneh di Ali Gholi Agha a Esfahan ne è una testimonianza. Sono entrata ben due volte nella palestra: una prima visita al mattino per vedere da vicino gli attrezzi utilizzati dagli atleti, e una seconda visita serale durante uno degli allenamenti. Nonostante questa palestra non sia ‘’turistica’’, sono stata accolta con molta gentilezza (come in ogni occasione in Iran) e i custodi della Zurkhaneh si sono mostrati molto disponibili a cercare qualcuno che parlasse inglese per fornirmi spiegazioni sullo svolgimento del rituale. L’opportunità di vedere da vicino questi atleti-eroi svolgere esercizi in cui gli elementi della cultura persiana preislamica si fondono con la spiritualità del sufismo e dell’Islam, ha aggiunto un altro fondamentale tassello per la comprensione della cultura millenaria di un paese basato su nobili valori antichi.
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