FARS - IRAN
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Parsa, chiamata dagli iraniani Takht-e Jamshid e dai greci Persepoli, è il gioiello archeologico dell’Iran, una testimonianza vivente dello splendore e della magnificenza della civilizzazione persiana. I fondatori di Persepoli furono i re della dinastia Achemenide, partendo da Dario il Grande (525-486 a.C.), Serse I (486-466 a.C.) e Artaserse I (466-424 a.C.) che, nelle tavole in scrittura cuneiforme rinvenute nel sito, si dichiararono persiani di stirpe ariana della provincia di Fars. La descrizione dell’origine della dinastia achemenide rimanda ai flussi migratori avvenuti nell’area che attualmente ha per capoluogo Shiraz. Nel lontano passato questa regione era popolata da un gruppo etnico asiatico non indoeuropeo, comunemente noto con il nome di Elami, che nel III millennio a.C. aveva creato un potente regno nella parte sudoccidentale dell’Iran. Gli Elamiti esercitavano il potere dalla loro capitale Susa ed estesero il loro dominio fino a Fars, Kurangun (Mamasani), Tepe Sabz e Tepe Malyan (entrambe nella provincia del Khūzestān).

Nello stesso periodo storico gli ariani, un popolo iranico nomade di lingua indoeuropea, risiedevano nelle regioni dell’odierna Russia meridionale. Alla fine del III millennio a.C. gli ariani cominciarono a dividersi e iniziarono un graduale processo di sedentarizzazione: una parte da est raggiunse l’India e un’altra da ovest l’Iran. Per distinguersi dai nativi dei luoghi dell’insediamento, gli indoeuropei si fecero chiamare ‘’ariani’’, ovvero ‘’nobili’’, e nel corso dei secoli con questo termine chiamarono anche le regioni da loro conquistate. ‘’Airyanam Khashatram’’, ossia ‘’regno degli ariani’’, fu chiamata tutta l’area geografica situata tra il Mar Caspio e il Golfo Persico, in seguito trasformatasi in ‘’Ariashatra’’ e definitivamente in ‘’Iranshahr’’ di cui Iran è la forma abbreviata. Tra i popoli iranici, oltre ai persiani, si annoveravano anche altri popoli come i medi, gli ircani, i parti, i drangiani, i bactariani, i sogdiani e gli aracoasiani. Questo insieme di popolazioni arrivò ad occupare una vastissima regione geografica che si estende dall’attuale Iran fino all’Afghanistan e all’Asia centrale. Intorno all’XI e al X sec. a.C. i persiani si installarono nella provincia di Fars, che all’epoca era ancora parte della grande confederazione politica di Elam. I nomadi persiani, grazie ad una maggiore coesione sociale e all’abilità nell’uso del cavallo a fini bellici, riuscirono a scacciare gli Elamiti che stavano attraversando un periodo di forte decadenza a causa degli scontri con i vicini regni mesopotamici. A partire dall’800 a.C., in conseguenza della rinascita della politica di Elam, i sovrani elamiti reclamarono nuovamente l’autorità sul territorio di Anshan (altro nome di Tepe Malyan), in quel periodo occupato per lo più dai persiani. Questa, tuttavia, fu una situazione transitoria, poiché si concluse a metà del VII sec. a.C. quando gli assiri sconfissero gli elamiti, causandone la scomparsa dallo scenario politico della regione.
Approfittando di questa situazione, Fars si costituì regno indipendente, governato da una famiglia reale persiana alla quale fu dato il nome di Achemenide, derivato da Achemene, fondatore della dinastia reale stessa. Curiosamente i primi monarchi achemenidi utilizzavano per il loro titolo reale il nome di ‘’re di Anshan’’, anche se non esisteva alcuna connessione rilevante oltre a quella semplicemente geografica tra gli elamiti di Anshan e i persiani. Nel V secolo a.C. i Persiani divennero una potenza mondiale, in grado di dominare sul più vasto impero della storia antica, che dalla Valle dell’Indo arrivava fino in Europa, dal Mar Caspio all’Egitto, attraverso la Mesopotamia e i Monti Zagros. A differenza di quello che succedeva con i sovrani di imperi precedenti, Dario I, il Grande Re dei Re che diede all'enorme Impero persiano un assetto stabile e centralizzato, non risiedeva in un'unica citta, ma divise la corte tra Susa, Pasargade e Persepoli. Quest’ultima fu fatta costruire da Dario il Grande e ampliata dal figlio Serse I e dal nipote Artaserse I.
Dario I, intorno al 518 a.C., decise di costruire una vasta piattaforma sul fianco nord occidentale del monte Mytra, alle pendici di una roccia possente per ospitare un complesso comprendente vari palazzi rappresentativi. Dario I non intendeva costruire una residenza permanente o una capitale, conscio della distanza dal centro politico dell’Impero persiano e di tutte le difficoltà che essa comportava, a cominciare da strutture, infrastrutture, per arrivare fino ai servizi logistici necessari. Alcuni studiosi fanno risalire l’origine di Persepoli al desiderio dei re di disporre di un ambiente particolarmente rappresentativo per celebrare feste e cerimonie, prima tra tutte il Nowrūz, il capodanno persiano. L’archeologo P. Calmeyer per dimostrare il carattere illustre ed estremamente aulico degli edifici di Persepoli, li ha confrontati con quelli latini greci loro contemporanei e ne è risultato che la città fu realizzata con il preciso intento di accelerare il processo di unificazione dell’impero, in modo solenne e maestoso, tale da suscitare la parvenza di unità nelle diverse popolazioni. Questa volontà appare chiara nei due edifici più importanti del sito di Persepoli: la Porta di Tutte le Nazioni e il Palazzo Apadana.
L’accesso principale alla grande terrazza su cui si erge Persepoli attraversava la cosiddetta Porta di Tutte le Nazioni, o di Tutti i Popoli, situata al confine nord occidentale del sito. Si trattava di un edificio a pianta quadrata, di ispirazione inequivocabilmente assira che prevedeva tre entrate e un interno con quattro colonne che sostenevano il tetto che originariamente copriva la struttura. L’ingresso occidentale era protetto da due torri di pietra all’esterno e da due tori alati all’interno, molto simili ai lamassu, i guardiani delle porte con funzione apotropaica tipici dei palazzi mesopotamici del periodo neoassiro. Grazie ad un’iscrizione incisa in caratteri cuneiformi, sappiamo che la Porta di Tutte la Nazioni fu costruita durante il regno di Serse I. Il testo trilingue (elamita, persiano antico e babilonese) recita:
Ahura Mazda è un grande dio per aver creato la terra, il cielo, l’uomo e per lui la felicità, colui che creò Serse e lo fece diventare re, re dei re, sovrano dei sovrani. Io sono Serse il grande re, re dei re, re dei differenti popoli, re di questo mondo vasto e immenso, sono figlio di Dario il re, discendo dagli achemenidi. Serse, il grande re, dichiara: io ho costruito questa ‘’porta di Tutti i Popoli’’ e molti altri edifici eretti da me e da mio padre. Quello che abbiamo costruito di bello è stato per ispirazione divina. Serse il grande re dichiara: Ahura Mazda protegga me e il mio regno, protegga quello che ho costruito io e che ha costruito mio padre.
I differenti popoli di cui parla Serse, si vedono in una scena del Palazzo Apadana che raffigura una grande processione di 23 delegazioni, corrispondenti al gruppo di nazioni che facevano parte dell’Impero. Il Palazzo Apadana, noto anche come Sala delle Udienze, era l’edificio più grande di tutta Persepoli. Probabilmente di ispirazione urartea, è un edificio molto simile alla Sala delle Udienze costruita sempre durante il regno di Dario I nella città di Susa. L’Apadana ha una pianta quadrata e nel vestibolo centrale si trovano sei file di sei colonne a base quadrata a sostegno delle travi di cedro che formavano il tetto dell’edificio. Le pareti del vestibolo erano fiancheggiate da quattro torri quadrate disposte a ciascun angolo. Sui lati nord, este e ovest nel vestibolo centrale furono costruiti tre portici formati da due file di sei colonne a base rotonda.
L’accesso dell’Apadana avveniva attraverso le facce nord ed est dell’edificio tramite due scale monumentali con doppie rampe simmetriche e parallele. Le scale erano decorate con rilievi che raffiguravano i 23 vassalli dell’Impero persiano: medi, elamiti, armeni, ariani, babilonesi, lidiani, arachosi, assiri della Mesopotamia, cappadoci, egiziani, secaiani, ioni, battriani, gandhari di Kabul, parti, sagartiani, sogdiani, indiani del nord ovest, sogdiani europei, arabi di Giordania e Palestina, drangiani, libanesi ed etiopi. Tutte le delegazioni di questi popoli erano raffigurate mentre portavano doni simbolici a Dario I, re di tutte queste genti.
Nonostante la fama e la ricchezza raggiunta da Parsa, sappiamo che la terza capitale dell’impero ebbe una vita molto breve (meno di due secoli) con un finale tragico. Secondo la tradizione fu distrutta nel 330 a.C. in un grande incendio per mano di Alessandro Magno. La realtà storica, tuttavia, non è ancora certa. Tra le diverse ipotesi, si parla di un possibile atto di rappresaglia a causa del saccheggio di Atene ad opera di Serse I, oppure di una vendetta macedone dopo che Alessandro aveva incontrato 4.000 prigionieri greci mutilati e maltrattati dai persiani. Altri studi vedono, invece, nella distruzione della città un atto simbolico con il quale Alessandro volle rappresentare l’annientamento della dinastia achemenide. Attualmente alcuni studiosi sono addirittura inclini a considerare la possibilità che l’incendio che mise fine a Persepoli possa essere stato del tutto casuale. In ogni caso la distruzione dell’anno 330 a.C. segnò la fine della città che, a partire da quel momento, rimase abbandonata per sempre.
Nonostante l’incendio avesse comportato la distruzione della maggior parte degli edifici, alcune strutture in pietra sopravvissero ed alimentarono la fama della terza capitale dell’Impero più vasto della storia antica. Tuttavia, con il passare dei secoli, il nome dell’antica Persepoli e la sua storia legata agli achemenidi furono completamente dimenticati dagli occidentali. I viaggiatori iraniani che la visitarono durante il Medioevo erano convinti che le figure rappresentate sui rilievi di Persepoli non fossero legate alla dinastia achemenide, ma a Jamshid, un antico eroe leggendario della tradizione iraniana. Fu così che la terrazza con le antiche rovine della capitale persiana cominciò ad essere chiamata Takht-e Jamshid, il trono di Jamshid. Col tempo cominciarono ad arrivare sul luogo viaggiatori europei che furono invece in grado di identificare correttamente quelle rovine con i resti di Persepoli, l’antica e maestosa capitale degli achemenidi. Nonostante ciò, gli scavi archeologici iniziarono solo tra il XVIII e il XIX secolo, quando alcuni archeologi locali intrapresero diversi lavori di documentazione scritta e fotografica. Fu solo nel decennio del 1930 però che fu dato inizio agli scavi regolari nell’antica Persepoli, sotto il patrocinio dell’Oriental Institute dell’Università di Chicago. Più tardi, a partire dal 1964, una missione archeologica congiunta irano-italiana portò avanti altri importanti lavori di restauro sul posto per conto del Centro Iraniano per l’archeologia. Da allora i restauri sono avvenuti ciclicamente e Persepoli è tornata a godere della fama di un tempo. Anche se ciò che resta non è minimamente paragonabile a come doveva apparire la città durante il suo periodo di breve, ma intensa vita, la sua vista suscita ancora rispetto e ci permette di rivivere la storia di un popolo che ha fatto la storia.
Fonti: mappa n.2 limesonline.com - National Geographic, speciale Storica-Vicino Oriente - Persepoli, guida ragionata di A. Shapur Shahbazi, Safiran-Mirdashti Publication
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