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Storie e leggende del popolo curdo di Baykar Sivazliyan

TURCHIA - SIRIA - IRAQ - IRAN

Tempo di lettura stimato: 6 minuti

IL LIBRO

È la saggezza popolare che, sovente, funge da strada maestra per poter capire, per poter conoscere meglio un popolo. Il Kurdistan, paese dei curdi, terra ignorata per secoli, terra di dolore, è la patria di un popolo fiero e antico, che oggi si trova al centro di grandi tensioni politiche. I racconti di questo libro provengono da diverse zone del Kurdistan, in modo particolare dai villaggi a est dell'Armenia, delle zone del sud-est della Turchia, attorno al lago di Van, e delle provincie di Mardin, Diyarbakir, Siirt e naturalmente Hakkari, che anche in questo momento assieme a Diyarbakir è il centro sociale e culturale nonché politico del popolo curdo.

L'AUTORE

Baykar Sivazliyan, nato a Istanbul nel 1953, nel 1979 inizia a insegnare Storia Armena presso il Collegio Armeno Moorat- Raphael di Venezia. Dal 1981 (e tuttora) insegna la lingua armena presso l’Università degli Studi di Milano. Dal 1999 al 2006 viene chiamato presso l’Università del Salento (Lecce) per istituire la cattedra di Lingua e Letteratura Turca, dove ha insegnato la materia della propria specializzazione. Consulente di numerosi enti pubblici e statali dal 2007 è membro del Consiglio dell’Unione degli Armeni d’Italia e dal 2009 ne è Presidente. È membro di molte associazioni internazionali di armenisti e orientalisti. Insignito della Medaglia d’Onore “Mayrenii Despan” del Ministero della Diaspora della Repubblica dell’Armenia e della massima onorificenza della Presidenza della Repubblica Armena “Movses Khorenatzi”, per avere speso quarant’anni della propria vita per le buone relazioni fra l’Italia e l’Armenia.


Loro per noi, noi per gli altri

Tre ragazzi curdi camminavano sulla strada e avanzavano giocando. Sul ciglio della strada c’erano molti alberi da frutta: da una parte peri dall’altra meli. I ragazzi salivano sugli alberi, mangiavano le mele e le pere e si riempivano di frutta le tasche. Capitava anche scendendo dall’albero talvolta spezzassero qualche ramo. Se il danno era grosso dicevano uno all’altro: ‘’Non ti preoccupare, non è il nostro albero, è senza padroni’’. Andarono avanti così per un lungo tratto di strada; a un certo punto incontrarono un uomo molto vecchio che avanzava faticosamente con un bastone in mano. Alla vista dei ragazzi il vecchio si fermò e chiese loro un po’ d’acqua o che almeno gli indicassero la fontanella più vicina. Uno dei fanciulli, sentendo la richiesta del vecchio, estrasse dalla camicia una mela rossa e la diede all’uomo per dissetarsi. Il vecchio mangiò la mela e subito dopo iniziò a benedire la memoria della persona che aveva piantato l’albero. Al termine della benedizione fece un piccolo buco nella terra e seppellì il torsolo della mela sotto una spanna di terra. I ragazzi esterrefatti chiesero all’uomo perché interrasse il torsolo della mela. Allora il vecchio rispose: ‘’Cari miei, io ho mangiato la mela e mi sono dissetato, ho benedetto la memoria della persona che aveva piantato questo albero che ha dato i suoi frutti, adesso interro il torsolo che a sua volta diventerà un albero e darà tante belle mele. Un giorno passerà un altro assetato come me, mangerà il frutto dell’albero e benedirà il mio nome’’. Uno dei ragazzi chiese al vecchio: ‘’Nonnetto, fino a quanti anni credi di vivere, per poter vedere questo melo?’’. Il vecchio fece un largo sorriso e con dolcezza disse al ragazzo: ‘’Figliolo, l’albero e la vegetazione in generale sono beni di Dio. Bisogna incrementarli, avere cura degli alberi, preservarli e difenderli da ogni atto di vandalismo e dalle forze negative della natura. Vedi, altri hanno piantato quest’albero e noi abbiamo goduto dei suoi frutti; piantiamo anche noi, così i nostri discendenti potranno sfruttare questo bene’’. (area curdo-turca, pag.18-19)

La morale di questa breve storia popolare, ci ricorda che per avere un bene e goderne, dobbiamo impegnarci a preservarlo e a trasmetterlo. Con questo intento Baykar Sivazliyan, turcologo, professore di lingua armena presso l’Università degli Studi di Milano e Presidente del Consiglio dell’Unione degli Armeni d’Italia, ha pubblicato una raccolta di storie e leggende del popolo curdo, suddivise in tre macroaree: area curdo-turca, curdo-caucasica e curdo-turca-siriana-irachena. 

I curdi sono un gruppo etnico di origini iraniche che vive diviso tra la Turchia sud-orientale, l'Iran nord-occidentale, l'Iraq settentrionale, la Siria settentrionale e, in percentuale minore in Armenia, unico luogo in cui, nonostante i curdi siano stati la ‘’manodopera inconsapevole del Genocidio degli Armeni’’, la loro libertà è garantita. La storia di questo popolo, iniziata oltre quattromila anni fa, è tra le più travagliate dell’intera area. Passato via via dal dominio arabo a quello ottomano, il Kurdistan non fu mai uno stato unitario e l'identità nazionale e culturale furono negate dai regnanti di turno fino alla seconda guerra mondiale, quando almeno il Kurdistan iracheno ottenne, nel 1970, una parziale autonomia. In un’intervista all’emittente Radio Onda Rossa, Baykar Sivazliyan ha sottolineato l’esistenza di un parallelismo tra la storia degli armeni e dei curdi. Se gli armeni rappresentarono un ostacolo per l’attuazione dell’ideale nazionalista dei Giovani Turchi del Partito Unione e Progresso, oggi i curdi rappresentano un problema per la tenuta dei Paesi artificiali del Medio Oriente e per le mire delle bestie del Daesh. Proprio come accadde agli armeni con il Metz Yeghern, il genocidio armeno, è tutt’ora in atto un tentativo di distruggere fisicamente il popolo curdo. La storia armena ci insegna che la lingua e la memoria di tutto l’insieme dei saperi, sono i mezzi più potenti per non soccombere alla repressione culturale. Se da un lato i curdi sono sempre riusciti a ritagliarsi un’autonomia “di fatto” all’interno dei grandi imperi che hanno regnato in Oriente, dall’altro l’Occidente non ha fatto praticamente nulla per aiutarli. Risulta triste, infatti, constatare che si parla di loro solo in occasione del conflitto siriano. Risulta vergognoso che si parli di loro solo come ‘’cuscinetto umano’’ per contrastare il dilagare dello Stato islamico. I reportage ci mostrano uomini e soprattutto donne che indossano divise mimetiche e abbracciano i fucili. Baykar Sivazliyan, un armeno che sa cosa significhi il Male, ci ricorda grazie alla sua raccolta di storie popolari, che dietro a quei fucili vive la fiera dignità di un popolo dalla cultura millenaria. 

Foto Wikipedia, autore Kurdirasti
Foto Wikipedia, autore Kurdirasti

Leggendo tra le righe di queste storie popolate da pastori nomadi ‘’portatori dei valori del vivere quotidiano’’, sovrani che si travestono da sudditi per imparare a governare con giustizia, animali parlanti che incarnano le mille sfumature dell’umano e da saggi dervisci, non si ritrovano tracce di violenza, ma ‘’risalta la vita semplice ma generosa del popolo curdo, assolutamente realista e, malgrado tutto, ottimista’’. Nonostante la costante violenza fisica, psicologica e culturale a cui sono sottoposti, i curdi non hanno mai smesso di combattere. Hanno sempre creduto nel valore della loro identità. Sono morti e stanno morendo per questo. All’interno dei Paesi che da decenni negano il diritto all’identità nazionale e linguistica del popolo curdo, sta iniziando a cambiare, seppur molto lentamente, qualcosa. Come spiega Sivazliyan nell’introduzione al libro, in Turchia, Paese in cui i curdi rappresentano un terzo della popolazione locale, esistono ormai di fatto ‘’un centinaio di rappresentanti eletti in diverse liste dei partiti politici, in maggioranza concentrati del partito HDP, considerato la faccia politica della lotta di liberazione curda’’. Grazie a campagne di diffusione della cultura e della civiltà curda ad opera di associazioni culturali, i giovani turchi, iraniani e iracheni stanno iniziando a considerare i curdi come una realtà che esiste e che non rappresenta un pericolo. Questo nuovo punto di vista è essenziale non solo per i curdi stessi, ma per gli abitanti dei quattro Paesi in cui è diviso il Kurdistan, desiderosi di appartenere ad uno stato civile, democratico e aperto. Come afferma Baykar Sivazliyan ‘’per conoscere un popolo bisogna ascoltare le storie che provengono dalla tradizione e che si decide di trasmettere alle future generazioni’’. Storie e leggende del popolo curdo aiutano dunque a guardare con occhi un po’ più profondi rispetto alle mere analisi geopolitiche quanto sta accadendo ai confini tra la Siria, l’Iraq e la Turchia. ‘’Il racconto curdo – annota Sivazliyan – è una parabola che non stanca, non drammatizza gli eventi anche gravi, ha una ventata d’aria fresca delle alte montagne sempre piene di neve: territori liberi con una popolazione non libera, però fiera, orgogliosa di essere nata su quello straordinario calvario che è il Kurdistan’’. Se i nostri governi, portatori di democrazia e di diritti, hanno guardato altrove ed hanno optato per il silenzio, acerrimo nemico della memoria, noi, uomini comuni, cosa possiamo fare? Forse anche leggere questo libro e parlarne, può essere un piccolo passo. 

Per l’acquisto del libro, visitate il sito www.tarka.it

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