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Un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta.
In realtà comincia molto prima e praticamente non finisce mai,
dato che il nastro della memoria continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati.
È il virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile.
IL LIBRO
Kapuściński racconta retroscena inediti della sua biografia, ripercorrendo le proprie vicende dall’infanzia povera a quando, appena laureato, venne inviato prima in India e poi in Cina, senza conoscere nulla di quei paesi. Narra dei viaggi in Africa, Iran, poi di nuovo in Africa, rievocando sotto una luce nuova e con mano leggera contesti storici e avvenimenti privati. Ci rivela le difficoltà incontrate di fronte alla vastità della materia da dominare, interpretare e giudicare. Punto di riferimento, livre de chevet, testo da leggere e rileggere è sempre stato Erodoto che, al pari di Shakespeare, ha compreso il microcosmo delle passioni umane e il macrocosmo delle vicende storiche. Per Kapuściński Erodoto è stato non tanto uno storico, quanto il primo vero reporter della storia: il suo bisogno di viaggiare, di toccare con mano, di raccogliere dati, paragonarli ed esporli, con tutte le necessarie riserve che è giusto nutrire riguardo alle storie riferite da altri, fa di Erodoto un giornalista a pieno titolo.
L'AUTORE
Ryszard Kapuściński è nato a Pinsk, in Polonia orientale, oggi Bielorussia, nel 1932, ed è morto a Varsavia nel 2007. Dopo gli studi a Varsavia ha lavorato fino al 1981 come corrispondente estero dell’agenzia di stampa polacca PAP. Dei suoi numerosi libri-reportage Feltrinelli ha pubblicato: Il Negus. Splendori e miserie di un autocrate (1983, 2003), Imperium (1994), Lapidarium. In viaggio tra i frammenti della storia (1997), Ebano (2000), Shah-in-shah (2001), La prima guerra del football e altre guerre di poveri (2002), In viaggio con Erodoto (2005, premio Elsa Morante sezione “Culture d’Europa”; "Audiolibri - Emons Feltrinelli", 2011), Autoritratto di un reporter (2006), L’altro (2007), Ancora un giorno (2008), Nel turbine della storia. Riflessioni sul XXI secolo (2009), Giungla polacca (2009), Cristo con il fucile in spalla (2011), Se tutta l’Africa (2012) e Stelle nere (2015). Nella collana digitale “Zoom Feltrinelli” ha pubblicato Con gli alberi contro (2013), La terza Roma (2013) e L’uomo ha paura dell'uomo (2014). Nel corso della sua lunga carriera ha avuto numerosi riconoscimenti tra cui, nel 2003, il premio Grinzane per la Lettura e il premio Principe de Asturias. L’Università degli studi di Udine gli ha conferito la laurea honoris causa in traduzione e mediazione culturale nel 2006.

''Talvolta, ma di rado, le piste mi conducevano in villaggi di frontiera. Via via che ci si avvicinava al confine, la terra si faceva deserta e la gente sempre più rara. Un vuoto che aumentava il mistero di quei paraggi e grazie al quale mi resi conto che nelle zone di frontiera regnava il silenzio. Un mistero e un silenzio dai quali ero attratto e intrigato. Ero sempre tentato di scoprire che cosa ci fosse di là, dall’altra parte. Mi chiedevo che cosa si provasse nel varcare una frontiera. Che cosa si sentiva? Che cosa si pensava? Doveva essere un momento di grande emozione, turbamento, tensione. Che cosa c’era dall’altra parte? Senza dubbio qualcosa di diverso. Ma diverso in che senso? Che aspetto aveva? A che cosa somigliava? Forse non somigliava a niente di ciò che conoscevo e per ciò stesso era inconcepibile, inimmaginabile? In fin dei conti il mio massimo desiderio, quello che più mi turbava, tentava e attraeva, era di per sé estremamente modesto: la pura e semplice azione di varcare la frontiera''.
Varcare la frontiera. Con questo sogno si apre il racconto biografico di Kapuściński, uno dei massimi intellettuali e reporter dell’Europa dell’Est, definito dal Corriere della Sera il ‘’vagabondo della Storia’’. La cornice d’apertura è una Varsavia che sta facendo i conti con l'inizio della fine del sistema staliniano. Kapuściński è un giovane giornalista alle prime armi che nutre il desiderio di scoprire l’emozione di varcare una frontiera. Appena laureato e senza nessuna esperienza pregressa, viene spedito dalla caporedattrice del giornale Sztandar Mlodych in India. Come unica guida, gli viene donato un grosso volume rilegato in tela gialla: le Storie di Erodoto.
''A quel tempo per noi la letteratura era tutto. Vi cercavamo la forza di vivere, le direzioni da prendere, la rivelazione''.
Con il timore di volare verso quell’Occidente che gli anni staliniani gli avevano insegnato a temere come la peste, il giovane Kapuściński vola prima verso Roma, dove avviene il primo confronto con un mondo profondamente diverso dal suo, e poi verso Nuova Delhi, la città in cui il novello reporter deve affrontare la prima sfida con una lingua ed una cultura sconosciuta.
''Mi sentii improvvisamente accerchiato, intrappolato dalla lingua. In quel momento la lingua mi sembrava qualcosa di materiale, un’entità fisica, un muro, frapposto tra me e il mondo, che mi impediva di raggiungerlo. Era un sentimento spiacevole e umiliante. È questa, forse, la ragione per cui, al primo approccio con qualcuno o qualcosa di estraneo, proviamo un senso di timore e d’incertezza e drizziamo le antenne, vigili e diffidenti. Che ci porterà quell’incontro? Come andrà a finire? Meglio non rischiare!''
Invece Kapuściński decide di rischiare perché ‘’solo in viaggio un reporter si sente sé stesso e a casa propria’’. Terminata l’esperienza in India, inizia a comprendere che ‘’la lingua è la carta d’identità, o meglio, il volto e l’anima di ciascuno’’ e che per entrarvi occorre una lunga e solida preparazione. Ma mentre cerca testi sull’India, Kapuściński non può fare a meno di pensare a quel libro che gli era stato donato dalla sua caporedattrice. Erodoto, un uomo nato sulle coste turche oltre duemila anni prima. Un uomo che proprio come lui, aveva nutrito il desiderio di varcare le frontiere e di conoscere le storie di popoli lontani. Non un uomo qualsiasi, ma il primo vero reporter della storia. Da quel momento lo storico greco diventa l’inseparabile compagno di viaggio di Kapuściński e il racconto prosegue a zig zag tra le sue avventure in Cina, Sudan, Egitto, Congo, Iran, Etiopia ed Algeria e i racconti contenuti nelle Storie. Nelle vicende di Erodoto, il reporter polacco cerca le risposte agli interrogativi che la curiosità incalzante gli pone di fronte, come i meccanismi dell’animo umano, le sue grandezze, i suoi errori.
''Erodoto viaggia per rispondere al bambino che chiede: «Da dove arrivano le navi che compaiono all’orizzonte? Da dove spuntano? Se quello che vediamo laggiù non è il confine del mondo, vuol dire che ci sono altri mondi? E come sono?». Quando sarà grande, avrà voglia di conoscerli. Meglio però che non cresca del tutto e che rimanga in parte bambino: solo i bambini sanno porre domande importanti e sono davvero curiosi di sapere. Erodoto, infatti, va alla scoperta dei suoi mondi con l’entusiasmo e la passione di un bambino. La sua scoperta principale è che i mondi sono molti. E tutti diversi. Che sono tutti importanti e che bisogna conoscerli, poiché le altre culture sono specchi che riflettono la nostra, permettendoci di capire meglio noi stessi. È impossibile definire la propria identità finché non la si è confrontata con le altre. Ecco perché Erodoto, dopo aver scoperto la cultura degli altri come specchio nel quale rifletterci per comprenderci meglio, ogni mattina, instancabilmente, torna a rimettersi in viaggio''.
Ed al viaggio e alla ricerca di risposte da dare a quel bambino curioso, Kapuściński dedica la sua esistenza: viaggiare, guardare, pensare, capire, narrare ed essere disposti ad incontrare il mondo con insaziabile curiosità e fiducia nel diverso, perché “è solo a questo tipo di persone che gli estranei svelano i propri segreti”. Questa è la missione di un reporter. Tra i mille interrogativi e i tanti incontri, anche noi, pur restando fermi, viaggiamo con questo moderno Erodoto all’interno di un mondo che piano piano diventa sempre meno fisico, sempre più umano. Un mondo che è l’uomo stesso. Un mondo che non deve smettere di incuriosirci ed appassionarci perché
''Chi perde la capacita di stupirsi è un uomo interiormente svuotato, ha il cuore bruciato. Chi considera tutto un déjà vu e non riesce a stupirsi di niente, ha perso la cosa più preziosa, l’amore per la vita''.
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