KURDISTAN: STORIA DI UN'IDENTITÀ NEGATA

«Ogni popolo ha qualcosa da insegnare e qualcosa da imparare»

Yilmaz Orkan

Il viaggio e la cultura hanno il potere di creare unione e di valorizzare la diversità. Sedersi davanti ad un caffè, stringersi la mano, guardarsi negli occhi, ascoltare, confrontarsi e comprendere le cause delle nostre diversità, serve a renderci più consapevoli del senso dell'eguaglianza umana. Questo accade soprattutto nei territori antichi che solo di recente hanno visto da un lato la comparsa di confini stabiliti a tavolino, e dall’altro la scomparsa delle differenze linguistiche e culturali. Ad accumunare le culture diverse è la diversità stessa, ovvero quel luogo ancora inesplorato che le distingue, dove l’unica regola è l’ascolto reciproco con l’intento di condividere e di mettere a disposizione delle altre culture i propri valori e le proprie esperienze. Non potendo viaggiare, ho voluto bere un caffè immaginario con uomo che da decenni sta lottando in Medio Oriente per la democrazia, la pace e la diversità culturale. Il suo nome è Yilmaz Orkan, da molti anni componente attivo del Consiglio Internazionale del Forum Sociale Mondiale in rappresentanza del Kurdish Network e attuale responsabile di UIKI-Onlus, l’Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia. 

Yilmaz Orkan, responsabile di UIKI-Onlus
Yilmaz Orkan, responsabile di UIKI-Onlus

Yilmaz, di cosa si occupa UIKI-ONLUS? 

UIKI è l’acronimo di Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia, un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale, fondata nel 1999, con lo scopo di fare informazione e ricevere sostegno da parte dell’opinione pubblica italiana ed europea circa il movimento kurdo e le sue attività. Oltre a fare informazione, realizziamo eventi culturali che possano trasmettere e far conoscere l’identità, la cultura e le tradizioni del popolo curdo. In altre parole, siamo un ponte tra il Kurdistan e l’Europa.

Chi è il popolo curdo e quando compare per la prima volta nella storia il termine ‘’Kurdistan’’?

Non siamo né arabi, né turchi, né persiani. Siamo curdi, un popolo indoeuropeo dalle origini molto antiche. Storicamente veniamo menzionati per la prima volta nel III millennio a.C. come gruppo etnico legato agli hurriti ed in seguito ai medi, agli urarti, ai mitanni e ai nairi. Ma in realtà la nostra storia comincia molto prima. I curdi sono sempre stati la popolazione indigena della Mesopotamia, un’area di circa 450.000 km2 in cui ebbe inizio la rivoluzione neolitica che segnò il passaggio dal nomadismo alla sedentarietà. Col passare dei secoli, i curdi hanno saputo proteggere la loro esistenza come comunità etnica sia davanti alla civiltà persiana ed ellenistica, sia durante il susseguirsi delle dinastie islamiche. Sotto l’Impero Ottomano la classe governante dei curdi godette di un’ampia autonomia, ma questo clima di pace relativa fu spezzato dal declino degli Ottomani. Francia ed Inghilterra ridisegnarono a tavolino i confini del Medio Oriente, dividendo il Kurdistan in quattro nazioni. Questa suddivisione avvenuta nel 1923 col Trattato di Losanna, è ancora presente. Il Kurdistan, il cui nome deriva dall’antica parola sumera ‘’kurt’’ montagna e dal suffisso che indica l’appartenenza ‘’ti’’, è tutt’ora diviso tra Turchia, Siria, Iraq e Iran. I curdi, tuttavia, hanno mantenuto una forte identità che è stata negata da questi quattro stati. La Turchia ha promosso una politica di assimilazione per rafforzare la nuova visione dei Giovani Turchi: l’esistenza di culture diverse da quella turca doveva essere cancellata perché minacciava l’unità nazionale. In Iran la dinastia Pahlavi represse nel sangue la ribellione curda. Francia ed Inghilterra, dal canto loro, repressero i tentativi di emancipazione curda nelle restanti zone del Kurdistan.

Perché l’identità e il riconoscimento del popolo curdo rappresentano una minaccia? 

Ci sono molte ragioni. L’attuale assetto del Medio Oriente è stato disegnato a tavolino senza prendere in considerazione il tessuto etnico e culturale. Una delle conseguenze più chiare è la lingua. Ad esempio, la lingua turca comprendeva tantissimi dialetti riconducibili agli azeri, agli uzbeki, ai kazaki, ai kirzighi, ecc…  Dopo la fondazione dello stato moderno della Turchia, fu fondata la Turkish Language Association con il patrocinio di Atatürk, con l'obiettivo di avviare una riforma linguistica per sostituire i prestiti delle altre lingue (principalmente arabo, persiano e curdo) con equivalenti turchi. Se confrontiamo quindi la moderna lingua turca con la lingua curda, emerge la debolezza della prima rispetto all’ultima. E così vale anche per la cultura. Se i 25 milioni di curdi che vivono in Turchia dovessero ottenere la libertà e il riconoscimento, l’idea di Atatürk secondo cui i curdi sono turchi di montagna, fallirebbe. Gli altri motivi per cui il popolo curdo rappresenta una minaccia sono il numero, circa 45 milioni, le dimensioni e le risorse. Il Kurdistan è molto ricco di acqua, di gas e di petrolio. La nostra terra ci fornisce anche molte risorse per l’allevamento e l’agricoltura. Se sottraessimo la parte curda alla Siria e all’Iraq, risulterebbe difficile per questi due paesi vivere autonomamente con le risorse che gli restano.

Che ruolo hanno la cultura e la lingua nella lotta per la sopravvivenza dell’identità e dei diritti del popolo curdo?

Hanno un ruolo importantissimo. Un popolo quando non può parlare e studiare la propria lingua, non può vivere liberamente la propria cultura e rischia l’assimilazione. Quando qualcuno fa richiesta di poter insegnare il curdo nelle scuole, viene accusato di voler fomentare il separatismo. Ma non è così.  Noi chiediamo la libertà della lingua e della cultura curda per coesistere, non per creare divisioni. Se non vengono garantiti queste libertà e questi diritti, ad un certo punto il popolo comincia ad insorgere, creando scontri e divisioni. Inoltre, corriamo il rischio che la nostra lingua e la nostra identità vengano dimenticate. Così avverrebbe un genocidio della cultura e dell’identità. L’aspetto della lingua presenta molte difficoltà. Noi e gli iraniani siamo come italiani e spagnoli, apparteniamo alla stessa famiglia linguistica. I curdi senza studiare comprendono almeno il 50 % della lingua persiana e viceversa. Tuttavia, ci sono 6 dialetti di lingua curda e vari alfabeti utilizzati come l’arabo per i curdi iracheni e iraniani, il latino per i curdi turchi e siriani, e il cirillico per i 1,5 milioni di curdi di Russia. Gli alfabeti diversi sono una limitazione allo studio di questi 6 dialetti, ma allo stesso tempo sarebbe molto brutto perderli. Una lingua ufficiale permetterebbe a tutti i curdi di poter dialogare, condividere storie, musica e poesia, ma non dovrebbe cancellare le diversità, semmai avvicinarle. Anche dal punto di vista religioso il Kurdistan è molto complesso. Ci sono musulmani sciiti e sunniti, cristiani, ebrei, aleviti, yarsani, yazidi, ecc… Ecco perché c’è bisogno di creare un sistema tollerante di confederalismo democratico.

Attraverso uno sforzo congiunto delle milizie Peshmerga, PKK, YPG e yazide, i curdi sono diventati di gran lunga i combattenti più efficaci contro le mire dello Stato Islamico. L’Occidente è stato in grado di supportarli o ha guardato altrove? 

Il Kurdistan ha storia, cultura e moltissime risorse naturali. Tutto questo, ovvero la quantità e la qualità del Kurdistan, diventa un problema. L’Occidente non ci ha appoggiato in molte circostanze.  Le armi impiegate contro i curdi sono armi NATO, molti soldi sono europei. Ad esempio, anche nell’attuale conflitto armato tra le forze azere e quelle armene per il possesso della regione caucasica del Nagorno Karabakh, le armi impiegate vengono dall’Occidente.

Lasciando da parte il mondo politico, crede che le popolazioni dei quattro stati in cui è diviso il Kurdistan siano affette da ‘’curdofobia’’?

Se c’è un problema in Palestina, dicono ‘’la Palestina ha ragione, deve essere libera di creare il suo stato’’. Se si chiede dei curdi, dicono ‘’No, i curdi sono un’altra storia’’ – ride.

Quanto sono importanti il viaggio e la cultura per preservare le diversità?

La cultura ed il viaggio come scambio sono molto importanti. Ogni sistema crea i suoi uomini. Se tu nasci in un contesto che ti propone soltanto la tua cultura senza permetterti di accedere e di conoscere le altre culture, tu vivrai con la convinzione che esisti solo tu. Questo purtroppo sta accadendo e comporta la disuguaglianza. Ho lavorato per quasi un anno in Sud Africa con un grande compagno di nome Essa Moosa - avvocato di Nelson Mandela – la cui famiglia era originaria dell’India. Una volta gli chiesi: ‘’Per voi cosa è cambiato rispetto l’apartheid?’’. Lui mi rispose: ‘’Prima c’erano i bianchi, poi i mulatti, poi gli indiani e, infine, i neri. E adesso? Beh adesso prima i neri, poi gli indiani, poi i mulatti e, infine, i bianchi’’. Noi curdi siamo ancora cittadini di terza, quarta classe.

Esiste la possibilità di viaggiare in alcune aree del Kurdistan? 

Sì, ad esempio nel Kurdistan iraniano e turco. La Turchia sa molto bene che senza l’Europa non può vivere. Quindi per i turisti europei non esiste alcun problema. Solo se si inizia a vedere un particolare interesse ‘’non turistico’’ per i curdi, allora si può andare incontro a diverse difficoltà, tra cui l'interdizione all'accesso per qualche anno. È accaduto ad esempio a Barbara Spinelli, giornalista e avvocato che aveva contatti con i difensori di Öcalan, o al copresidente di un’associazione umanitaria che portava aiuti senza nessuna finalità politica. Per i turisti però non esiste alcun problema in Turchia. Lo stesso vale per l’Iran.

Cosa possiamo o dovremmo imparare dai curdi?

Ogni popolo ha qualcosa da insegnare e qualcosa da imparare. Credo che la rivoluzione che abbiamo fatto in Rojava, la rivoluzione delle donne, dell’ecologia, dell’autodifesa e dei diritti civili, sia molto importante per tutto il mondo. Culturalmente siamo un popolo molto antico e ricco. Conoscerci vuol dire in un certo senso imparare tante cose sulla civiltà e sulla storia dell’uomo. Inoltre abbiamo molto da dare dal punto di vista umano. Molti dei nostri villaggi vivono ancora seguendo i valori della tolleranza, dell’amicizia e della fratellanza. Ad esempio, se abbiamo vicino a noi una persona che ha bisogno di aiuto, noi curdi non possiamo lasciarla sola. Dobbiamo risolvere insieme le difficoltà. Solo così possiamo diventare una società unita. Mi ricordo che mio padre raccontava che nella mia città vivevano insieme ebrei, cristiani e musulmani. Avevamo rispetto per tutti e festeggiavamo le feste di tutti, senza distinzione. La tolleranza per i curdi è molto importante e su questo credo possiamo essere un buon esempio.

Ringrazio di cuore il sig.Orkan per aver accettato il mio invito e per avermi dedicato il suo tempo. La gentilezza dei suoi modi, la saggezza dei suoi occhi e la bontà del suo sorriso, hanno reso ancora più speciale questo incontro, già di per sé prezioso. Auguro a Yilmaz tanta fortuna. Attualmente è in corso un progetto per sostenere la salute pubblica dell’Amministrazione autonoma della Siria del nord-est. Se volete scoprire di cosa si tratta cliccate sul link.

Nella prossima intervista, converseremo con Lorenzo Nigro, Professore Associato di Archeologia Punica del Vicino Oriente e Fenicia presso il Dipartimento di Studi Orientali dell'Università La Sapienza di Roma.

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