Oman, l’oasi di pace del Golfo Persico. Un paese dalla natura indomita e selvaggia che può essere esplorato in totale sicurezza. A differenza di altri paesi del Medio Oriente, l’Oman si distingue per una politica illuminata che ha mantenuto un ruolo neutrale nelle dispute geopolitiche, ma decisivo nella mediazione delle situazioni conflittuali.
L’artefice di questa anomala situazione di stabilità è stato il Sultano Qaboos che, dopo essere salito al trono nel 1970 con un pacifico colpo di Stato ai danni del padre Said bin Taimur, ha saputo governare con lungimiranza, mantenendo un equilibrio tra le tradizioni culturali e le necessità di modernizzazione del paese. In quasi mezzo secolo di regno, ha dato spazio alle donne, ha rivoluzionato il sistema scolastico e sanitario, ha aperto i confini dell'Oman agli occidentali e ha saputo gestire la scoperta del petrolio in modo intelligente. Oltre a queste scelte politiche, economiche e sociali, il Sultano Qaboos ha finanziato diverse fondazioni culturali e ha portato in Oman l'opera lirica e la musica classica - ad esempio, per celebrare i 25 anni del sultanato, ha affittato per due concerti l’Orchestra filarmonica di Manchester ed ha fatto andare a prendere con il suo aereo personale oltre cento musicisti per suonare Beethoven, Rossini e Čajkovskij. Negli ultimi anni, grazie anche all’intervento degli Emirati Arabi, sono stati riconosciuti molti patrimoni culturali intangibili dall’Unesco. Tuttavia, quando si visita l’Oman, sembra esserci un grande assente: l’arte. Ma è davvero inesistente? Che ruolo ha in un paese che ha subito un radicale e repentino cambiamento dopo la scoperta del petrolio? Questa corsa verso la modernità ha minato il tradizionale stile di vita degli omaniti? L’ho chiesto ad Hassan Meer, artista contemporaneo, curatore d’arte e gallerista.
Celebrato da molti manuali d’arte contemporanea, da diverse emittenti tra cui la CNN, oltre che da numerose testate tra cui il Times of Oman, Observer e il New York Times, Hassan Meer è considerato l’ambasciatore dell’arte contemporanea omanita. Le sue opere sono state esposte in Inghilterra (Christie’s), Germania, Italia, Svizzera, Francia, Austria, Scozia, Danimarca, USA, Brasile, Egitto, Marocco, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait, Qatar, Bahrain, Libano, Bangladesh e Corea del Sud. Inutile dire che per me è stato un vero onore poter interagire con un uomo di questo calibro.
Chi è Hassan? Come ha avuto inizio la tua carriera artistica?
È difficile descrivere sé stessi. Sento di essere una combinazione di personalità, un mix molto sensibile a tutto ciò che mi circonda. Spesso non comprendo né me stesso, né il potere profondo che guida e dirige il mio umore. Sono cresciuto a Muscat, la capitale dell’Oman. Già dalla prima fase dell’adolescenza, ero affascinato dalla creatività e dal modo in cui le persone pensano, concepiscono e creano le opere d’arte. Amavo il surrealismo, il cubismo e in generale ogni forma di arte astratta. All’epoca il paese era in una fase di sviluppo in cui cercava di interagire e di carpire il meglio delle altre realtà del mondo. Era il momento in cui si stava costruendo l’Oman moderno. C’era un via vai di professionisti, esperti e lavoratori che arrivavano da diversi paesi, come l’India o altri stati arabi e asiatici. Muscat iniziò ad espandersi e molti omaniti che avevano precedentemente lasciato il paese per necessità, tornarono in patria. Tutto e tutti erano in fermento. Erano gli anni ’80 e fu proprio in quel fortunato periodo che iniziai la mia pratica artistica. Il mio primo passo fu iscrivermi ad una scuola artistica per giovani. Era l’unico istituto d’arte dell’Oman dove i giovani talenti potevano studiare, incontrarsi e confrontarsi. Provai ad esporre le mie opere al pubblico, ma non fu molto facile. Non avevo le idee chiare sul mio futuro perché all’epoca l’arte non veniva considerata come una vocazione seria o come una professione, ma solo un divertimento. Non esistevano scuole in cui si veniva preparati a diventare dei professionisti. Così presi una decisione e iniziai a cercare delle università all’estero in cui potermi dedicare seriamente alla mia passione. Scelsi il Savannah College of Art and Design in Georgia. Studiare negli Stati Uniti fu un’esperienza straordinaria. Dopo la laurea magistrale, iniziai a sperimentare varie forme di arte e a prendere parte a molte mostre importanti sia a livello locale, che internazionale. Seguii altri corsi in Europa. I primi furono in Spagna e Austria. Grazie a quelle esperienze e allo studio dei movimenti moderni, fui in grado di comprendere e di tradurre il mio pensiero attraverso l’arte. Questa consapevolezza mi portò ad essere libero di realizzare la mia arte tra astrattismo, fotografia e installazioni.
Che cosa vuoi esprimere con la tua arte?
La mia arte è una combinazione di pratiche diverse. Proviene dai miei ricordi passati e dal pensiero profondo della condizione del sé. Dipingo linee e forme per riflettere e tradurre in segno i miei sentimenti temporanei. A volte sono un misto di paura e di oscurità presente nelle azioni umane, altre volte sono piene del calore dell’infanzia e del nostro ambiente di vita quotidiano. Mi affascinano molto i colori e la teoria che vi sta alla base. I colori hanno il potere di rendere vive la luce del calore umano o l’oscurità del dolore e dello stress. Mi affascina anche tutto ciò che è collegato alla magia e alla spiritualità perché evocano il tempo in cui l’Oman era un grande impero e le persone viaggiavano da e verso l’Africa, portando con sé antichi rituali che si mescolavano alle tradizioni locali. Queste influenze sono molto visibili nei miei primi lavori.
Se dovessi definirti, che tipo di artista pensi di essere?
Guardandomi dall’esterno, mi vedo come un artista concettuale. Gioco con i colori, con le forme e l’astrattismo. Mi piace molto a creare storie. Ogni volta è sempre bello cambiare e sperimentare sia con il pensiero, sia con i materiali e i mezzi. All’inizio ho cominciato con la pittura astratta, ma il mio messaggio non veniva recepito chiaramente perché, soprattutto in Medio Oriente, le persone utilizzano molto la tecnologia. Non erano preparate a comprendere i significati nascosti in un quadro astratto. Allora ho introdotto anche le installazioni, i video e la fotografia, tecnica che è stata parte dei miei studi negli Stati Uniti. Grazie a questi mezzi, le persone hanno iniziato a familiarizzare e a comprendere la mia arte. Creare, narrare e veicolare storie mi regala emozioni differenti che trovo sempre estremamente affascinanti.
Che rapporto hai con il concetto di tempo?
Il tempo è un elemento sfuocato, intangibile. È molto difficile afferrarlo o ‘’congelarlo’’. Il tempo è legato alla sfera spirituale. Apre le nostre dimensioni, senza confini, né restrizioni. Quando penso al tempo, mi sento come un robot che ha perso il senso di ciò che ci circonda. Il concetto di tempo è legato anche alla memoria. Come esseri umani, noi esploriamo la vita e aggiungiamo continuamente livelli di memoria alla nostra esperienza. Una memoria che può andare perduta se non la narriamo.
La tradizione e la storia dell'Oman hanno influenzato la tua arte?
Molto. La mia arte è il riflesso della storia del mio paese. Mi sono concentrato molto sull’identità profonda dell’Oman, partendo dalle tradizioni e dai rituali, fino alle storie popolari e alle superstizioni. Sono, inoltre, molto affascinato dai cambiamenti culturali che hanno attraversato il paese dopo gli anni ’70, periodo in cui avvenne la scoperta del petrolio. Da quel momento ci fu un rapido cambiamento non solo in Oman, ma in tutta l’area interessata da questa scoperta, che mutò le sorti non solo dell’economia, ma anche della vita delle persone. Le trasformazioni riguardarono tutti i settori economici, l’assetto urbano, l’architettura, il sistema scolastico, la sanità, ecc… fino a modificare anche il modo di pensare e di agire delle persone. Le città iniziarono lentamente a popolarsi a discapito delle aree interne del paese. Le vecchie case e i villaggi furono abbandonati perché tutti si trasferirono in città, dove comfort e servizi moderni crescevano sempre di più. In molti presero la patente e iniziarono a lavorare negli uffici. Il nuovo sultano - fa riferimento al sultano Qābūs bin Saʿīd Āl Saʿīd, venuto a mancare il 10 gennaio 2020 dopo 50 anni di lungimirante e pacifico sultanato - promosse il dialogo con la modernità, sempre mantenendo il rispetto delle tradizioni. Per la costruzione di questo nuovo Oman, egli richiamò in patria tutti gli omaniti che si trovavano in giro per il mondo, chiedendo loro di tornare per costruire insieme un paese che fosse migliore. Prima, infatti, c’erano solo due scuole, pochissime fabbriche e risorse molto limitate. In quel periodo di grande cambiamento e apertura, realizzai molte opere fotografiche che ancora oggi servono a testimoniare la bellezza e l’importanza di quel momento di dinamismo culturale, economico e sociale. Un esempio è la serie dedicata ai matrimoni. Erano tradizionali attimi di vita quotidiana che avevano sullo sfondo le rovine del vecchio Oman, ma che lasciavano presagire la rinascita e l’inizio di una vita migliore. Quelle case abbandonate contenevano però anche i ricordi e la memoria delle persone che le avevano abbandonate. A questo tema specifico è dedicata la serie ‘’Memorie perdute’’, ispirata alla mia storia personale. La mia famiglia fa parte di quei nuclei famigliari che hanno lasciato la vecchia città per la capitale. Un giorno decisi di ritornare nella casa in cui avevo trascorso la mia infanzia. Era stata chiusa e abbandonata per 13 anni. Quando tornai, ritrovai alcuni effetti personali di mio nonno, tra cui alcune valigie, fotografie e lettere… questi oggetti dimenticati mi colpirono molto e quindi decisi di immortalare la mia casa d’infanzia, gli abiti tradizionali e la vecchia strada tra le montagne per creare un collegamento tra il cambiamento che aveva attraversato la mia famiglia e l’intero paese. Un cambiamento che aveva letteralmente indotto le persone a correre via verso la modernità, abbandonando tutto quello che avevano dietro di loro.
Credi che i ritmi frenetici che ci vengono imposti rischiano di minare la naturale esigenza dell'individuo di avere un tempo per ciò che non ha fini utilitaristici? Che cosa sta cambiando?
Gli esseri umani sono molto deboli. Hanno sempre bisogno di rassicurazioni o di conforto. La spiritualità permette alle persone di stabilire una connessione con entità superiori e con l’essenza dell’essere. Dedico sempre un po’ del mio tempo alla meditazione perché mi aiuta ad alleviare lo stress e a sentirmi più sicuro. Quando le persone sono in crisi, guardano sempre nel profondo del loro Io e cercano di trovare un equilibrio. La spiritualità serve a ricreare uno stato di equilibrio interiore. Il mondo materialista si sta espandendo. Ogni giorno si scopre che le persone si comportano come una macchina senza anima. Non guardano più dentro di loro. Si concentrano solo su ciò che le circonda.
Che ruolo rivestono l'arte e la cultura in Oman?
L’arte e la cultura in generale sono molto importanti in Oman perché ci consentono di conoscere meglio la nostra realtà. Una realtà che si è evoluta, ma in cui sono ancora molto radicate le antiche tradizioni. La cultura serve per prendere consapevolezza e per migliorare la vita delle persone. Fortunatamente l’accesso alle scuole e alle gallerie d’arte è stato ampliato e, soprattutto a Muscat, il prendere parte ad attività legate alla cultura è diventato un ‘’lifestyle’’.
Cos'è il Circle Show?
Circle Show è una galleria d’arte contemporanea che ho fondato nel 2000, grazie al sostegno della famiglia Alserkal e del governo, con l’obiettivo di far conoscere al pubblico nazionale ed internazionale l’arte omanita e di far interagire gli artisti dell’Oman con altri provenienti da altre nazioni. All’interno di questa galleria, l’arte contemporanea veniva declinata attraverso dipinti, installazioni e fotografie. Il Circle Show ha avuto un ottimo successo e fino al 2007 è stato frequentato da artisti e pubblico provenienti da tutto il mondo. Attualmente è dedicato ai talenti emergenti dell’Oman, di cui mi occupo personalmente. La maggior parte sono ragazzi che si sono laureati all’estero e che al loro ritorno in Oman necessitano di uno spazio per poter approfondire, confrontare e, al contempo, mostrare il loro talento. Ad oggi la galleria Circle Show è il fulcro dell’arte contemporanea omanita. Quasi tutte le mostre d’arte si tengono in questo luogo e da lì partono i nostri talenti verso nuove ed importanti avventure internazionali.
Puoi parlarci di un’altra realtà emergente nel mondo artistico dell’Oman, la Stal Gallery?
C'è un piccolo villaggio nel Sultanato dell'Oman situato vicino a Wadi bani Kharus, dove si riunivano gli intellettuali. Oggi Stal, il nome del villaggio, è ancora associato alla conoscenza e al dibattito. Ispirati da questo patrimonio, Stal Gallery & Studio ha aperto a Muscat nel dicembre 2013, assumendosi il compito di fornire uno spazio per migliorare la comprensione delle arti visive, di ospitare artisti attraverso opportunità di residenza e di impegnarsi con la comunità attraverso mostre, attività educative, visite, conferenze e seminari. Questa iniziativa, sebbene radicata a livello locale, è il primo progetto culturale della Fondazione Alserkal in Oman. Io sono il direttore artistico.
Negli ultimi anni l'Oman è stato una delle mete turistiche più popolari del mondo, grazie alle bellezze naturalistiche, all’elevata sicurezza e ad una politica ben gestita. Tuttavia, il fattore culturale e artistico risulta meno evidente rispetto l’imponente patrimonio naturale. Cosa può offrire l'Oman dal punto di vista culturale?
L'arte non è visibile in Oman tanto quanto la natura e le grandi montagne. Tuttavia, l'Oman è stato un soggetto che ha affascinato molti fotografi internazionali. Questo fascino non risiede solo nella natura, ma anche in tutti gli aspetti legati all’umanità dei suoi abitanti e al grande patrimonio tradizionale. Queste opere fotografiche, così come tutte le opere d’arte contemporanea, sono ancora poco visibili, perché non esiste un museo pubblico ad esse dedicato. La maggior parte delle nostre installazioni artistiche finiscono per essere immagini sui computer o sono esposte da privati. Ai tanti festival tradizionali e agli interessantissimi musei che narrano la storia e il folklore omanita, andrebbero anche aggiunti degli spazi pubblici dove rendere l’arte contemporanea fruibile.
Esistono iniziative promosse dal Governo o dal Ministero del Turismo per mostrare questo nuovo volto dell'Oman?
Il governo ha realizzato molte mostre interessanti per promuovere il nuovo volto dell'Oman a livello locale e internazionale, ma il nostro obiettivo è fare di più. L'arte deve essere vista ovunque. Anche perché è uno strumento perfetto per promuovere lo sviluppo in diversi settori. Dobbiamo migliorare ancora sotto vari punti di vista. Spero che in futuro il governo faccia promozioni su basi regolari per supportare nuovi concetti e nuove idee.
Credi che il viaggio, inteso come esplorazione non solo di un luogo, ma come scoperta o riscoperta di un insieme di patrimoni umani, possa essere un buon modo per coltivare la nostra identità collettiva?
Viaggiare è un valore, ma non ha effetto su tutti. In molti non ne comprendono il vero significato. Quando viaggio mi piace osservare le persone e il loro contesto di vita. Questo mi offre la possibilità di scoprire le azioni e i comportamenti umani. Grazie alle nuove tecnologie e ai social network, le persone si sono avvicinate. Se usati bene e seguendo le giuste persone, si possono scoprire molte informazioni che aiutano a comprendere l’identità e le prestazioni delle altre culture.
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Ringrazio Mr.Hassan per aver accettato con estrema gentilezza il mio invito. È stato molto interessante potermi confrontare con lui e ricevere la conferma che l’Oman è un paese in cui si viene sempre accolti con grande generosità. Se volete vedere tutte le opere di Hassan Meer e restare aggiornati sul suo lavoro, vi consiglio di visitare il suo sito personale e la pagina Stal Gallery & Studio. Per chi invece volesse scoprire altre informazioni sull’Oman e sui suoi patrimoni culturali intangibili, potete cliccare nei link che trovate di seguito.
Nella prossima intervista attraverseremo l’Oceano Atlantico per approdare sulla East Coast. Destinazione: North Carolina, dove incontreremo il land artist americano Patrick Dougherty.