«Ci piace considerarci come il 'popolo del mondo'. Prima della religione e della nazionalità, vediamo noi stessi e gli altri come esseri umani.»
Light in Babylon
Come vi avevo preannunciato alla fine dell’intervista al prof. Nigro, uno dei più alti studiosi nel campo dell'archeologia levantina e mediterranea, oggi viaggeremo verso Oriente. Prima tappa: Istanbul, una terra sospesa tra Europa e Medio Oriente, tra terra e mare, tra sogni di libertà e verità scomode. Nell’antico quartiere di Pera, oggi noto come Beyoğlu, esiste una strada ribattezzata da Atatürk 'il viale dell’indipendenza'. İstiklal Caddesi, il suo nome in turco, non è una via qualsiasi. Chiese, sinagoghe e moschee convivono con artisti, danzatori e musicisti di strada provenienti da culture, religioni ed etnie differenti. In questo viale, frequentato quotidianamente da milioni di persone, è nato nel 2012 un gruppo la cui composizione ben riassume l’anima multietnica della 'seconda Roma'. Loro sono i Light in Babylon, un trio musicale seguito da milioni di fan in tutto il mondo, elogiato dalla rivista fRoots Magazine per essere 'una celebrazione delle tradizioni cosmopolite sia di Istanbul, che della comunità ebraica sefardita e un esempio della grande musica che sta uscendo dal Mediterraneo orientale in questo momento'. La band è composta dalla cantante israeliana di origini iraniane Michal Elia Kamal, dal chitarrista francese Julien Demarque e dal suonatore turco di santur Metehan Ciftci. In questi ultimi anni il trio ha collaborato anche con un batterista scozzese ed un bassista iraniano. Un mix multiculturale che vuole rendere omaggio ai colori della vita e donarci la visione di un Yeni Dunya, un Nuovo Mondo, pieno di diversità, libertà, pace e luce.
Michal Elia, cosa significa 'Light in Babylon'?
Ci sono due ragioni per cui abbiamo scelto il nome Light in Babylon. La nostra prima tappa è stata la strada. Per strada la gente corre al lavoro, torna a casa... tutti sono indaffarati. Nessuno guarda e nessuno sorride. Nel momento in cui metti la musica per strada, le persone si fermano, ascoltano, sorridono, piangono, ballano e comunicano tra loro. Babylon è un nome per il sistema che ci costringe a guardare in una sola direzione. Nel momento in cui immetti qualsiasi tipo di arte nel sistema, crei luce. Inviti le persone a guardare in una direzione diversa. La seconda ragione è la storia della torre di Babele, il tempo in cui le culture si separarono e le persone iniziarono a parlare lingue diverse. Inoltre, nella nostra band proveniamo da luoghi differenti e parliamo lingue diverse, ma nonostante ciò, abbiamo una cultura ed una lingua comune: la musica.
La vostra storia è iniziata in un viale che ha una grande storia: İstiklal Caddesi, non una semplice strada, ma luogo di incontro di arte, culti, lingue ed etnie. Cosa ha rappresentato per voi Istiklal Caddesi e che valore ha per gli abitanti di Istanbul?
Ci siamo esibiti in Istiklal nei nostri primi anni come band. Istiklal Caddesi è un luogo molto speciale. A quel tempo (2012) era un posto dove le persone che passavano erano alla ricerca di qualcosa. O meglio, che accadesse qualcosa. Era un luogo di diversità: persone, culture, religioni e opinioni diverse, che passavano tutte lì, ascoltavano la nostra musica e sentivano qualcosa. La reazione delle persone è stata sorprendente: volevano avvicinarsi, piangere, sorridere o ballare. Abbiamo voluto mettere la nostra musica nel bel mezzo di una giornata per vivere senza confini, creare un forte impatto e toccare profondamente gli ascoltatori. Questa energia è ritornata a noi. Abbiamo imparato molto, come capire e rispettare le persone, come essere modesti e umili. Ora che siamo diventati più famosi e che non suoniamo più in strada, ma su grandi palcoscenici, ricordiamo ancora quello che abbiamo imparato dalla nostra esperienza a Istiklal Caddesi. Il solo passaggio per quella strada, oggi richiede molta attenzione. Molte persone ci chiedono foto e autografi (che siamo sempre felici di fare). Sono cambiate molte cose da quel tempo in cui ci esibivamo in quel luogo speciale, sperando di ispirare un nuovo gruppo di giovani a continuare questa cultura dello scambio.
Metehan è turco, Julien è francese e tu sei israeliana di origini persiane. Collaborate con uno scozzese ed un iraniano. Vivete a Istanbul, una città cosmopolita, ponte tra l'Europa e il Medio Oriente. Vi esibite in paesi molto diversi tra loro, come l'India, la Finlandia o la Grecia. Cosa significa per voi 'casa'?
Per molte persone 'casa' è il luogo in cui sono nate, cresciute o in cui vivono. Siamo stati in così tanti posti in tutto il mondo e abbiamo incontrato così tante persone, che per noi casa è diventata il palco, i nostri concerti, la nostra musica. 'Casa' per noi non è un luogo fisico, ma un momento nello spazio e nel tempo. Dopo ogni nostro concerto diamo sempre il tempo per incontrare i nostri ascoltatori, per vedere i loro occhi, abbracciarli, fare una foto insieme... in ogni singolo luogo in cui ci siamo esibiti, che fosse la Russia, il Messico, l’Italia o la Germania, abbiamo riscontrato sempre la stessa reazione nelle persone. La stessa scintilla negli occhi e il cuore aperto. Lo stesso nucleo umano positivo. Quel momento è esattamente 'casa'.
Uno dei vostri progetti più importanti è Yeni Dunya. Com’è fatto questo "nuovo mondo"?
Yeni Dunya è il nome in turco del nostro ultimo album, tradotto 'Nuovo Mondo'. Crediamo di rappresentare una nuova generazione di persone che vogliono riconnettersi, una generazione che arriva a riconoscere che le guerre e la separazione appartengono al 'Vecchio mondo'. Siamo qui per creare qualcosa di nuovo che prende le cose buone dal passato e le usa per costruire qualcosa di migliore per il futuro.
Io, tu, noi, loro. Infine, tutto è uno. Perché la diversità e la complessità spaventano molte persone?
Pensiamo che sempre più persone non siano spaventate dalla diversità e dalla complessità. La prova di ciò è che ci sono sempre più forme di Arte (non solo musica) con un messaggio di multiculturalismo.
Durante le vostre esibizioni, il tuo corpo è sempre in movimento. Qual è il rapporto tra corpo e anima?
Dico sempre che il mio corpo è il mio strumento. Non solo canto dalla bocca e dalla gola. Non sto solo tamburellando con le mani. È tutto il mio corpo. È quasi come un'esperienza mistica. Quando mi esibisco mi sento come se stessi diventando un'altra persona, un'altra donna. Il mio corpo diventa uno strumento che trasforma una sorta di energia che mi attraversa.
Molti dei vostri video sono ambientati nella natura, ad esempio in Cappadocia o nel Sahara. Che ruolo ha la natura nella vostra filosofia musicale?
La natura è sempre stata una fonte di ispirazione per noi. Solitamente andiamo in tutti i tipi di posti e scriviamo le nostre canzoni. Credo che alcuni luoghi contengano una sorta di energia. Ad esempio, quando sono arrivata nel deserto del Sahara, le lacrime hanno iniziato a sgorgare dai miei occhi. Fino ad oggi non sono ancora riuscita a trovare le parole per descrivere le sensazioni che ho provato in questi momenti. Non posso spiegare il motivo esatto. È come se fossi arrivata in un luogo a cui apparteneva una parte della mia anima.
Il 25 novembre è stata la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Esistono molti tipi di violenza, non solo fisica. Ad esempio, in Iran è vietato alle donne cantare. Secondo la tua esperienza, che ruolo gioca la musica contro la violenza e le differenze di genere?
Crediamo che la musica non sia solo intrattenimento o un modo per passare il tempo. La musica ha un significato e influenza la nostra vita. Light in Babylon porta non solo musica, ma anche emozioni. In un mondo in cui le persone hanno sempre più bisogno di nascondere le proprie fragilità, dove la televisione diventa più cinica e la musica pop più artificiale, le persone hanno fame di qualcosa di reale, vogliono non solo ascoltare musica, ma anche sentirla! La musica che facciamo dice qualcosa. C'è qualcosa di onesto in essa. Per me, in quanto donna proveniente dal Medio Oriente, l'uso della musica per potenziare altre donne ha un ruolo e un significato enorme. So che nella nostra band questo tema non è importante solo per me, ma è un argomento che tocca anche gli altri due membri maschili della band.
Credi che il viaggio, inteso come esplorazione non solo di un luogo, ma come riscoperta di un insieme di patrimoni umani, possa essere un buon mezzo per costruire e coltivare il concetto del Sé come unità fondante di un grande insieme chiamato Umanità? Perché viaggiare è importante?
Crediamo che il multiculturalismo sia importante. In un certo senso, siamo tutti multiculturali e siamo tutti esposti a culture diverse ogni giorno (dal cibo, alla musica, ecc.). Viviamo in tempi in cui puoi viaggiare dall'altra parte del mondo semplicemente premendo un pulsante sul tuo telefono. C'è una voce forte di una generazione che vuole saperne di più, che vuole riconnettersi, viaggiare, incontrare nuove persone e nuove idee. La nostra musica rappresenta questa voce. Nella nostra musica ci sono molti messaggi, ma non diciamo alle persone cosa fare o come vivere. Semplicemente condividiamo la nostra storia e i nostri sogni, e li lasciamo viaggiare tra molte persone ben oltre noi. Ad esempio, io sono israeliana e scrivo le mie canzoni principalmente in ebraico. Ho un passaporto israeliano, quindi ci sono molti paesi in cui non posso entrare (Tunisia, Bangladesh, Iran, Libano, Siria, Malesia, Arabia Saudita e altri). Il mio corpo fisico non può essere in quei luoghi, ma la mia voce ... la mia voce vola lontano in ogni luogo. Molte persone che ascoltano la nostra musica, mi scrivono da paesi che non posso visitare. Mi scrivono che ho dato loro energia, che la nostra musica li ha aiutati a superare momenti difficili o li ha spronati a capire molte cose. La musica può viaggiare, la musica non ha confini.
Nella prossima intervista partiremo alla scoperta di un mondo sconosciuto: la cultura Rom. In questo viaggio, chiamato simbolicamente Gelem Gelem - camminando camminando - come l’inno delle comunità romanés, ci guiderà il musicista Gennaro Spinelli, presidente di UCRI, Unione Comunità Romanés d’Italia.
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