L'impressione che si ha lasciando i maggiori centri urbani come Plovdiv o Sofia, è quella di ritornare agli anni del regime comunista. Le periferie delle città sono una distesa di palazzoni numerati secondo la filosofia dei blocchi in cui vivono stipati zingari, bulgari e turchi, mentre i paesini di campagna si presentano come un assemblaggio disordinato di case fatiscenti, in cui la presenza umana è percepibile solo grazie alle antenne paraboliche e a cumuli di immondizia dati alle fiamme. Fortunatamente esistono delle piccole oasi tra i boschi dei Monti Balcani in cui poter sentire la poesia e il folklore bulgaro. Come precedentemente detto, la maggior parte delle tradizioni bulgare deriva da culti pagani legati al mondo agricolo. Tra le usanze più note ci sono la festa dei Kukeri e il rito della pirobazia. Inoltrandosi nel distretto di Sliven, si raggiunge un paese in cui la danza sui carboni ardenti viene festeggiata ogni anno nel mese di agosto, durante la Festa del Folklore Bulgaro. Il nome di questo piccolo villaggio è Zheravna, uno dei luoghi più suggestivi della Bulgaria. Fondato dai Traci, questo villaggio è riuscito a mantenere il suo carattere autentico, grazie ad un’architettura tipica del periodo della rinascita nazionale bulgara. Il legno e l’ardesia sono i materiali di costruzione di tutte le 200 abitazioni che compongono il villaggio. Grazie ad una lungimirante politica di eco sostenibilità, molte abitazioni tradizionali sono state convertite in eco houses per permettere ai turisti di godere del folklore locale. L’autenticità delle strutture e la quiete surreale che si respira tra le viuzze del paesino, rendono Zheravna un luogo imperdibile per chi vuole conoscere da vicino l’eterogenea tradizione bulgara. Se durante i mesi invernali il villaggio ha un’atmosfera spettrale, durante la stagione estiva viene preso d’assalto dai bulgari desiderosi di rivivere antichi riti pagani. Con il solo vincolo di indossare abiti tradizionali, tutti i partecipanti possono banchettare nei boschi, cantare e ballare sulle note di musiche che hanno attraversato i secoli.
Una sensazione diversa, meno autentica, si respira nella regione di Gabrovo, dove si trovano altre due eco villaggi: Bojentsi e Etar. Non si può propriamente parlare di veri centri abitati, ma di musei etnografici all'aperto in cui si può immaginare come fossero i paesi bulgari nel XVI secolo. Il villaggio di Bozhentsi (Bojentsi) fu fondato in seguito alle incursioni ottomane, sfruttando la sua posizione protetta tra i Monti Balcani. Una leggenda narra che a fondare il villaggio fu una giovane ragazza di nobile stirpe, chiamata Bozhana, da cui il nome Bozhentsi. Il paese fu dichiarato ''riserva storica ed architettonica'' dall'Unesco nel 1964, diventando un open air museum per impedire la costruzione di nuovi edifici in cemento, preservandone l'antica tradizione architettonica. Etar, anch'esso situato nel comune di Gabrovo sui Monti Balcani, è un complesso architettonico ed etnografico in cui sono state ricostruite case e botteghe tradizionali. All'interno di questo museo a cielo aperto (si paga il biglietto d'ingresso) si trovano circa 50 edifici costruiti appositamente per vedere la realtà tradizionale bulgara. Attraversando la Bulgaria si incontrano altri paesini noti, come Koprivstica, Stefanovo e Brashlyan, in cui si è tentato di preservare il patrimonio architettonico e culturale. Tuttavia essi rappresentano un’eccezione, poiché nella maggior parte dei villaggi lontani dai grandi centri urbani, il cemento ha vinto sul fascino senza tempo del legno e della pietra.