bouarfa

LA RICCHEZZA DELL'ESSERE POVERI

Bouarfa è un paese della regione orientale, appartenente alla provincia di Figuig. In pochi la conoscono. Anche per me, la prima volta che partii per il Marocco, era solo un punto segnato su una cartina molto ingrandita. Mai avrei immaginato che in quel piccolo puntino al confine con l'Algeria, avrei fatto la mia più immensa esperienza di vita. Ricordo che quando arrivai, mi sembrò di essere finita in un luogo dimenticato da Dio, silenzioso, sbiadito, con poche luci ad illuminarne la sagoma. Il giorno successivo fui accolta per la prima volta dal la3jaj, il vento carico di sabbia rossa, che credevo volesse farsi beffa di me, impedendomi di vedere il luogo in cui ero arrivata dopo tanto sforzo. Oggi, qualche anno dopo, so che quel vento è stata una benedizione perché mi ha insegnato fin da subito ad essere paziente e a godermi, senza la fretta che contraddistingue noi occidentali, ogni singolo dettaglio di una situazione. In quella città sarei dovuta rimanere un mese, massimo due, per un progetto di volontariato linguistico. Ma quel capriccioso vento rosso mi ha tenuto legato a sé per quasi due anni. Bouarfa non è un luogo turistico. Esiste un solo hotel e le persone che parlano inglese si contano sulle dita di una mano. Mi chiamavano ''gaouria'', la straniera. E lo ero all'inizio. I bambini mi seguivano per strada per vedere come si comporta un’occidentale sola, le donne mi scrutavano dalle finestre per vedere i miei capelli sciolti e gli uomini sorridevano nel vedermi seduta al bar a bere caffè nero senza latte. All'inizio non è stato facile, ma poi decisi di dare un segnale ai miei nuovi compaesani. Iniziai col salutarli per strada nella loro lingua e con l'andare al mercato segnando su un taccuino le parole che non conoscevo. Provai anche a vestirmi come loro, senza mai coprire la testa. A poco a poco, sorriso dopo sorriso, iniziai a fare parte di quella comunità di persone umili, condividendo con loro il tempo, le lunghe chiacchierate nelle tende nomadi, le camminate serali, i cous cous del venerdì, il mercato settimanale del bestiame, insomma, la vita. Di episodi ce ne sono tanti e ancora oggi il solo pensarci, mi fa sorridere e commuovere. Sicuramente non dimenticherò mai il primo invito ricevuto per un'uscita ''fuori porta'', ovvero un pic nic nella periferia del paese. Ad accogliermi trovai un gruppo di persone di ogni età con un carro, delle pentole ed una capra. Felice di vedere per la prima volta da vicino una bella capretta, iniziai subito a prendere confidenza e la chiamai Gino. Non parlando né inglese, né francese (figuriamoci l'italiano), non avevo capito che quella graziosa capretta era sì un regalo per me, ma non per darmi una nuova compagnia, bensì per offrirmi un lauto banchetto. Così uccisero Gino davanti ai miei occhi. La gioia che provarono nel farmi questo dono era immensa ed io non seppi rifiutare. Da quel momento entrai a fare parte del clan. Loro mi portavano fagioli, pane e cous cous e io insegnavo loro a mangiare gli spaghetti e a usare il basilico come erba aromatica e non come insetticida contro le zanzare. Loro mi insegnavano come si accende un fuoco e io come usare il computer. Loro mi insegnavano come preparare un buon tè, io a fare un buon caffè. Loro mi raccontavano le storie dei nonni che avevano i palmeti in Algeria e io raccontavo loro la storia del Rinascimento. Molte volte si finiva per discutere, parlando di teorie scientifiche per loro sconosciute, ma poi si finiva sempre col bere un tè di erba Luisa. In quei due anni ho imparato tante cose: come vivere da sola in un luogo in cui non parlano la tua lingua, come affrontare tempeste di sabbia o rimanere senza acqua ed elettricità per giornate intere, come comprare al mercato la pecora più bella, come cucinare con un fornello da campo, come coesistere con una realtà lontana anni luce dal progresso e dalle comodità a cui sono abituata. Ho imparato i valori veri: il rispetto, la tolleranza, il senso di famiglia e di comunità, il sapersi valorizzare per ciò che si è, l'onestà, la tenacia, la pazienza. Ma soprattutto ho imparato da queste persone speciali che anche l'ultimo degli ultimi ha un cuore nobile, ricco e puro che merita di essere ascoltato. Ho imparato che la saggezza non sta nascosta nelle pagine dei libri, ma vive nelle pieghe di un vestito fatto di stracci. Per chi vuole conoscere un lato puro e autentico del Marocco, per chi non è alla ricerca di confort, ma di esperienze, consiglio Bouarfa, una città sconosciuta che saprà farvi sentire parte di una grande famiglia chiamata umanità.

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